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Gianfranco Contini – Il linguaggio di Pascoli


È questo un brano del saggio fondamentale di Contini, dal titolo in esponente, dapprima letto a San Mauro per il centenario pascoliano, quindi pubblicato nel 1958. Forse è anche la presentazione orale a rendere il saggio nutrientissimo come semore ma insolitamente affabile e limpido. L'epoca a sua volta spiega i rapporti con la linguistica di Giacomo Devoto, allora assai influente.
Quasi rendendo più visibile il modo di operare della critica stilistica, lo studioso dapprima allinea una serie di campioni, di diversa natura, della lingua poetica pascoliana (questo campionario 1). Da quel punto in poi, li interpreta. E se le sue diagnosi restano ancor oggi decisive anche più interessante è il metodo. Intanto per quel che esclude, e cioè che Contini sia un critico impressionista e degustativo. Basta subito vedere come i rilievi testuali, che mai si mettono a “imitare” lo stile pascoliano, confluiscano immediatamente in grandi categorie comprensive: linguaggio agrammaticale, lingue speciali, color locale. E non solo: il tutto è inserito a sua volta nelle sfere storiche pertinenti e, quel che più conta, impiegato a suggerire, rapidamente ma incisivamente, il tipo di rapporto che Pascoli aveva o non aveva col mondo, per tornare da questo ai fatti linguistici: una procedura simile a quella circolare di Leo Spitzer.
Nutrita di intuizioni geniali, la critica di Contini si svolge però anche qui in forme strettamente razionalistiche, che possono persino ricordare quelle delle Summae medievali. Una volta individuato l'elemento articolabile, lo studioso procede per distinzioni (ma a sua volta questo color locale...; è una variante; ma questa considerazione, per importante che sia, dev'esser subito differenziata).
Dal carattere orale e dallo stesso studio di chiarezza discendono nel saggio tratti discorsivi di solito non frequenti nelle pagine continiane: formule fatiche o didattiche come vedete, mi si chiederà a questo punto; domande e risposte. Tutto ciò rende più commestibili i continismi, che tuttavia continuano ovviamente a occupare la scena. Prima di tutto l'importazione di tecnicismi, talora muniti di frecce indicative, da altre discipline o attività umane: andava a blocco, connessioni mnemoniche, massimalista.
Da parte sua il critico inventa il cislinguistico, sia pure cautelandosi dietro all'esistente e tuttavia raro translinguistico e più sottilmente color locale d'occasione. Non espressionistiche ma notevoli alcune metafore concrete: impastato di, incastona, assorbe che suggeriscono la materialità del lavoro linguistico pascoliano ma la cui rarità conferma il carattere razionalistico e anzi dimostrativo del discorso continiano. Geniale la trovata del durante la grammatica.

Tratto da STORIA DELLA LINGUA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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