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Il dialogo di Leopardi - A Silvia -


Anche le differenziazioni interne sono da ammirare per la loro proprietà: al v.6 leggiamo gioventù obiettivamente. Ma al v.52 sentimentalmente giovanezza; a speranza 50 segue più intenso, in rima, speme 55; dato sovviemmi di 32 il primitivo sovvienti di 1 è sostituito da rimembri. E può essere pure significativo che l'aggettivo di 50, La speranza mia dolce, abbia come variante alternativa vaga, all'inverso e analogamente di quanto avviene per il vago avvenir sognato da Silvia 12.
Il tragitto dell'intera poesia è dunque quello stesso per cui il tema iniziale, il compianto sulla giovane morta anzitempo, diviene, nello stesso tempo e indissolubilmente, compianto su sé medesimo, sulla morte anzitempo, diviene, nello stesso tempo e indissolubilmente, compianto su sé medesimo, sulla morte della propria giovinezza, unica età degna della vita e sulle proprie speranze.
Il titolo, che è identico a quello di un'ode pariniana, più che dedica è allocutivo, e senz'altro lo è l'attacco, secondo un modo che fregia la maggior parte dei Canti; da parte sua il settenario iniziale anticipa in certo senso l'intero del componimento,contenendone in stretta sequenza la protagonista, il tema fondamentale del ricordo, la sua durata e problematicità (ancora) e la curva interrogativa. La melodia della strofa sta tutta in un'interrogazione protratta, sicché interrogazione da un lato e allocuzione dall'altro fissano subito quella tonalità mossa e patetica che via via si esprimerà nel dialogo “tu” - “io” della seconda e terza strofa, che si fonderanno nel ci del verso 30 e nell'insieme del verso 58; nelle esclamative di 28 – 31 e 52 ss e nelle interrogative di 36 – 39 e 56 ss.; nell'incalzare delle ripetizioni a 28 – 29 (su che), 36 (O natura, o natura, a riempire un settenario), 37 – 38 (su perché), 49 – 51 (Anche), 56 – 59 (questo) e soprattutto nell'indimenticabile geminazione, rallentata dall'enjambement, di 52 – 53: Ahi come / Come passata sei...
A Silvia è un dialogo con un'assente, interpellata, e col tu, come mai probabilmente in vita, ciò che appartiene a tutta una tradizione poetica, ma, come è stato notato, risale al rito arcaico dell'evocazione dei morti: specifico del canto è che il dialogo con la morta si doppi e risolva in quello con la propria stessa intimità psicologica del passato, sicché il tu da proprio diviene metaforico, o meglio centrato sul locutore medesimo. Si può dire che al movimento più distesamente e felicemente descrittivo delle prime tre strofe, dominato dall'imperfetto durativo e replicativo, che si carica anch'esso di infinità o indefinitezza, come Leopardi sapeva bene, e con tutta l'animazione vivida che proviene dal botrgo come in altri Canti pisano – recanatesi, si contrappone il movimento più agitato e drammatico delle altre tre, dove i tempi del passato rientrano spesso nel presente della riflessione sconsolata.
A Silvia, così grondante di lirismo, è però anche una poesia narrativa, che si svolge secondo una precisa freccia direzionale dalla gioventù alla morte, fisica o interiore: tanto più se ammettiamo, come già accennato, che la speranza sia anche Silvia stessa, o forse che Silvia diventi nella memoria la speranza.

Tratto da STORIA DELLA LINGUA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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