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Ludovico Ariosto – Angelica in fuga

L'ottava 32 si era chiusa, secondo la tecnica già di Boiardo dell'intreccio sospeso e intricato di episodi e personaggi, con l'interruzione di una vicenda e l'apertura di un'altra; un taglio secco che svela pure l'arbitrio e l'onnipotenza dell'autore. L'ottava 33 inizia col verbo finale dell'ottava 32, una tecnica che era già stata dei cantari e del Boiardo a analoga alle coblas capfinidas delle canzoni antiche. L'intento è soprattutto quello di legare ciò che per altri aspetti è staccato. Qui la ripetizione è fortemente tematica, battendo sul tema della fuga, caratteristico di questo canto tutto fughe e inseguimenti, prima di tutte quella di Angelica, sempre fuggitiva fino all'incontro amoroso e pacificante con Medoro.
Si apre allora una sezione che contiene alcune delle ottave e dei versi più belli scritti dall'Ariosto. La paura della fuggitiva si materializza intanto nella folla spaventosa dei diversi luoghi e creature vegetali che l'amatissima incontra, a partire dalle selve, sorrette dai selvaggi in figura etimologica del verso 2 e dal fonosimbolismo delle s.
Degne di Ariosto sono due finezze nei dettagli: la distizione ai vv. 1 e 2 fra tra e per, la prima con significato di in mezzo a e la seconda con significato di attraverso; il fulmineo di qua di là del verso 6, con l'opportuna eliminazione della e (di qua e di là) che rinforzare il sottile iconismo, unito alla partitura omotimbrica sulla a che mima il volgersi nervoso e spaventato, a scatti, della fuggitiva da una parte e dall'altra verso le oscure minacce.
Non basta. Sul piano ritmico notiamo come i versi dispari sono impostati su coppie in uscita e hanno tutti andamento giambico mentre i versi pari sono impostati su terne e hanno tutti gli accenti ribattuti di sesta – settima. Gli accenti ribattuti rinforzano il carattere impaurito e accidentato, a continui intoppi, della fuga, e globalmente è come se si alternassero tratti di descrizione oggettiva e tratti che focalizzano le paure di Angelica.

Il paragone dell'ottava successiva, la 34, replica la scansione semantica e sintattica secondo lo schema 6+2 (descrizione + cenno psicologico) e non è affatto esornativo, come mostra il parallelismo fra i versi dei due distici finali (ad ogni ombra / ad ogni sterpo – temea / esser si crede) che da un lato rovescia sul temuto inseguitore gli attributi della belva e dall'altro porta un po' in avanti l'azione (alle spalle / in bocca). Nel mezzo di un terrore così marcatamente giovanile è chiaro che l'apparizione della madre non sia casuale.

Tratto da STORIA DELLA LINGUA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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