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L'inferiorità degli ebrei in Sicilia (1200/1400)

Come in tutto il mondo cristiano, sia in Occidente sia a Bisanzio, anche in Sicilia vi sono regole basilari che servono a sottolineare l'inferiorità degli ebrei. Nel caso siciliano può avere influito anche l'esempio musulmano. Nella fattispecie essi consistono nell'imposizione del segno sui vestiti, nella proibizione di qualsiasi manifestazione di superiorità, nel divieto di costruire nuove sinagoghe e nel pagamento di un'imposta personale particolare, la gisia. Il quadro non è così fosco come potrebbe sembrare e agli ebrei erano garantite alcune libertà come il diritto di andare in giro di notte senza luce, l'esenzione dall'essere presenti in tribunale il sabato, l'accettazione del giuramento sulla Torah.
L'imposizione del segno: non ha nessun particolare significato in Sicilia e manifesta la continuità del ruolo dello Stato: tale imposizione fu assunta da Federico II con le Costituzioni Federiciane del 1221 e fu poi richiamata da quelle di Federico III nel 1310. Impone una rotella rossa delle dimensioni del sigillo segreto del regno, da portare sugli indumenti esterni, petto o gomito. Tale imposizione suscita negli ebrei una sorta di resistenza passiva, sottolineata dalle numerose richieste di esenzione mentre per le autorità la mancanza di rotella è soprattutto una forte fonte di guadagno da multe. Il forte rendimento giustifica l'assenza di misure più drastiche come processi in tribunale. Pur essendoci un rifiuto di fondo, gli ebrei temevano l'imposizione del segno soprattutto in viaggio, per timore di incontri con gente ostile. I medici erano i primi a rifiutarlo, facendo presente come già sotto i musulmani tale imposizione era stata loro risparmiata.
La proibizione di costruire nuove sinagoghe: è un punto fermo della legislazione e già Federico II invita Obberto Fallamonaca a trovare una sinagoga abbandonata e in rovina da ristrutturare. Nessuna distruzione né modifiche dunque, ma solo ricostruzioni e trasferimenti. In realtà dal 1433 una interpretazione molto larga del privilegio di Alfonso il Magnanimo consentiva la costruzione di nuove sinagoghe nelle terre che ne erano sprovviste e dove la presenza di ebrei rendeva necessario un luogo di culto, come nel caso di Militello e Adernò.
La proibizione di qualsiasi manifestazione di superiorità: è un principio che si esplicita in molti modi, dalla predica per una maggiore separazione tra ebrei e cristiani alla regola che riserva dignità e onori solo ai cristiani. Molto sentito era anche il principio che i cristiani non dovessero dipendere da ebrei né nella sfera politica (cosa di per sé impraticabile) né nel campo del lavoro artigianale e domestico. C'è una profonda preoccupazione di imporre il rispetto per la dignità dei cristiani che si estende anche al calendario dei giorni festivi: gli ebrei siciliani vengono sempre invitati a non lavorare la domenica e nei giorni delle feste cristiane, tranne nel caso dei fabbri. Generalmente la violenza antiebraica è limitata ad uno sfogo relativamente innocuo ma altre volte è occasione di gravi pericoli e permette alla tensione religiosa di esternarsi, canalizzandola su atti teoricamente non fatali ma difficilmente controllabili, fino a vere e proprie inarrestabili manifestazioni di intolleranza. Gli interventi di salvaguardia regia sono la nostra fonte principale: sappiamo che gli ebrei rimangono asserragliati in casa dal Giovedì alla Domenica di Pasqua, ma costretti comunque a recarsi in sinagoga il Sabato santo esponendosi a rischi. Anche se la Settimana Santa era il periodo nero dell'anno, non era l'unico a rischio aggressioni. A Marsala per Natale e Santo Stefano gli ebrei fino al 1400 erano costretti ad assistere alla recitazione delle sacre rappresentazioni e all'ufficio cristiano per poi ricevere percosse e lanci di pietre all'uscita.
Per i cristiani la più frequente manifestazione di intolleranza era quella esternata con la paura dell'impurità e degli avvelenamenti, un fantasma che serpeggia in moltissimi testi. L'accusa atavica di deicidio naturalmente non accenna a scomparire e rimane un generale senso di disprezzo totale per i giudei, testimoniato dalle parole di Federico III che autorizza a chiamare “cani” gli ebrei e i pagani.


Tratto da STORIA MEDIEVALE di Gherardo Fabretti
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