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La poetica di Ciampoli

Scrittore poliedrico di eclettica formazione, ispirato da vari autori italiani (Verga e Capuana, Fogazzaro e D'Annunzio) e stranieri (soprattutto russi, studiati e tradotti), Ciampoli non approda mai all'elaborazione di una personale poetica narrativa. Sulla scorta di suggestioni culturali di diversa provenienza, sonda un'ampia gamma di direzioni tematiche e soluzioni stilistiche; costeggia gruppi e movimenti senza trovare mai al loro interno uno stabile punto di approdo.

La frequenza e l'ampiezza talora eccessiva degli inserti descrittivi sono il dato principale della sua narrativa. La sua prosa nasce da più ibridazioni letterarie ma perde di incisività quando, abbandonata la ricerca di una strada verista e la misura del racconto breve, si cimenta nella costruzione di farraginosi intrecci romanzeschi, accogliendo le mode dettate da Bourget, Fogazzaro, D'Annunzio.

In un contesto estetizzante si situa infatti il romanzo L'invisibile (1896). Le descrizioni di interni sono numerose, ma è sulla descriptio personae e sulle figure femminili che si intrattiene, come la protagonista Vittoria, "forma divinamente modellata". In molte pagine del romanzo scorrono insomma preziosità verbali e figurative che rinviano all'Isaotta di D'Annunzio (1886).

Negli anni Novanta dell'Ottocento, Ciampoli va ancora in cerca di un proprio linguaggio espressivo e rimettendosi sempre in discussione oscilla tra i poli della cultura di fine secolo senza mai opera-re scelte definitive di stile e poetica. Scrive infatti in quel periodo a Stoppa: "Non posso dire in qual casellario mi metteranno i critici, se fra i naturalisti, i simbolisti, i veristi; so che cerco di fare il vero col bello e che sento in ogni cosa d'esser io; di affermare cioè il mio stile e il mio modo di vedere".

Tratto da INTRODUZIONE A DOMENICO CIAMPOLI di Domenico Valenza
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