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Mediazione dei conflitti in ambito sanitario: quali prospettive?


Le ricerche in quest'ambito indicano che alla base della richiesta di intervento del sistema giudiziario non è tanto il desiderio di un risarcimento economico del danno riportato, quanto altre circostanze negative parzialmente collegate al fatto. La denuncia appare soprattutto quale mezzo impiegato dal paziente per ottenere una spiegazione chiara ed onesta dell'accaduto, il tentativo di richiamare agli occhi del medico e la propria realtà in quanto essere umano e persona bisognosa di cure.
La decisione di rivolgesi al sistema giudiziario rappresenta la rottura del rapporto fra medico e paziente, relazione che poggia sul legame fiduciario che si instaura fra i soggetti.
La Carta dei diritti del malato esplicitamente richiama alcuni degli aspetti problematici dei seguenti articoli: diritto all'informazione e alla documentazione sanitaria; diritto alla sicurezza; diritto alla protezione; diritto alla qualità; diritto alla famiglia; diritto alla decisione; diritto al futuro; diritto alla riparazione dei torti. Quest'ultimo articolo richiama al dovere, da parte del medico o del servizio sanitario, di risarcire il danno inferto. Parte dal presupposto che i danni patiti non sempre (e non solo) sono di natura “quantificabile” e che accanto alle lesioni di ordine fisico e materiale troviamo danni di tipo psicologico, psichico e relazionale che possono essere maggiormente “sanati” attraverso una ripartizione degli stessi anche di carattere simbolico. Inoltre, la richiesta di risarcimento del danno di rado trova una risposta immediata e soddisfacente.
Tali considerazioni sottolineano l'esigenza di individuare nuove modalità di gestione dei conflitti, in grado di operare a partire da premesse differenti da quelle tradizionalmente impiegate (colpa/punizione), senza perdere di vista l'obiettivo centrale di promuovere la ricerca delle cause che hanno determinato il configurarsi di un danno e precedendo al suo risarcimento.
In tal senso si è recentemente iniziato a parlare, anche in ambito sanitario, di mediazione dei conflitti. La mediazione si è dimostrata uno strumento capace di svolgere  una pluralità di funzioni significative; essa si presenta come pratica in grado di concorrere alla diminuzione dei conflitti presenti in un determinato contesto, alla riduzione del quantitativo di tempo riservato alla risoluzione degli stessi ed, infine, alla sensibile contrazione dei costi derivanti dalla risoluzione, per via legale, del caso.
Ciò che caratterizza maggiormente la mediazione rispetto alle procedure tradizionali è il suo obiettivo, che non consiste nella determinazione delle responsabilità rispetto all'evento o nell'attribuzione di colpe, bensì nella ricerca di nuove modalità relazionali. Essa dovrebbe essere intesa nei termini di un movimento sociale, capace di guardare al conflitto come risorsa.
Come sottolineato da Coser, l'eventuale negatività del conflitto non dipende dalle sue caratteristiche intrinseche quando, piuttosto, dal tipo di struttura entro la quale si sviluppa. Peranto, quanto più la struttura sociale (macro/micro) si mostrerà rigida ed incapace di riconoscere ed accogliere la diversità, tanto più crescerà la possibilità che il dissidio aumenti e si radicalizzi, rendendo difficile una risoluzione.
Ad essere mutato in modo decisivo, oggi, è il contesto nel suo insieme, determinando una più ampia crisi dell'apparato dei sistemi di regolazione sociale. Segni di questo ampio mutamento sono rintracciabili in una pluralità di aspetti:
Il passaggio dalla delega all'autonomia. La mediazione concorre alla messa in discussione di un modello di regolazione sociale basato sulla “delega”. La mediazione implica una riappropriazione da parte degli attori coinvolti del potere di gestire i conflitti, potere in precedenza delegato appunto ai rappresentanti del sistema di giustizia.
Il passaggio da un modello conflittuale ad un modello consensuale. Ha determinato il parziale abbandono (nell'ambito del sistema giudiziario) di logiche basate sull'opposizione degli interessi, secondo il liberalismo classico, che identificava i due soggetti della contesa nelle vesti l'uno del vincitore e l'altro del perdente. Attualmente, questo modello sociale è entrato in crisi conseguentemente alla nascita ed allo sviluppo dello stato assistenziale.
L'introduzione della mediazione ha segnato un punto di svolta verso la sostituzione di un modello conflittuale con uno maggiormente consensuale di risoluzione dei conflitti, implicando una sorta di delega dello stato alla società civile – ossia alla comunità – anche in ambito penale.
Il passaggio dai diritti ai bisogni. Lo sviluppo della mediazione ha prodotto delle modificazioni anche nel sistema di rappresentanza, in quanto le parti non sono più intese come semplici titolari di diritti, bensì quali portatori di bisogni e richieste, rispetto ai quali vi è il dovere di cercare una risoluzione. La mediazione ha il ruolo importante di restituire alle parti il potere di negoziare alla soluzione del conflitto che le oppone.
Il passaggio dalla razionalità giuridica alla comunicazione. Ha sottolineato quanto il formalismo procedurale sia d'ostacolo alle parti rispetto alla possibilità di intervenire direttamente nel procedimento civile o penale.
Il passaggio dalle cause apparenti alle cause profonde del conflitto. Permette di riferire il conflitto al suo contesto originario e più profondo, facendo emergere antichi risentimenti che, frequentemente, sono le principali cause dello scontro.

Tratto da MANUALE DI SOCIOLOGIA DELLA SALUTE di Angela Tiano
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