Skip to content

La teoria funzionalista della disuguaglianza sociale


Se la teoria Marxista è espressione della situazione sociale e politica del XIX secolo, la teoria funzionalista, è espressione della realtà sociale degli stati uniti, dove non è mai esistito un rimarchevole conflitto ideologico tra le classi; si è concepito la società come sistema di ceti, in cui la stratificazione sociale svolge una funzione integratrice.

La teoria funzionalista sostiene la necessità universale della struttura della stratificazione di ogni sistema sociale in quanto non esisterebbe società non stratificata. Secondo tale teoria, la disuguaglianza sociale è uno strumento per mezzo del quale inconsapevolmente gli individui più capaci ricoprono i posti più importanti. Molti studiosi criticano questa teoria; in particolare Tumin critica il presunto consenso al sistema dei valori che si ha con la teoria funzionalista. Se si ha consenso, sostiene Tumin, si ha negli strati dominanti, i cui componenti che detengono il potere saranno anche in grado di influenzare anche i membri degli altri strati per quanto riguarda la scelta dei valori.

In conclusione, mentre le teoria marxista parla di suddivisione della società e pone l’accento sulle contrapposizioni sociali, la teoria funzionalista non parla di suddivisione della società ma di differenziazioni: la società sarebbe una realtà integrata, funzionalmente indivisibile.

Elaborazioni delle immagini della realtà. Gli individui appartenenti a una società elaborano una particolare rappresentazione della stratificazione e delle classi. Ogni individuo elabora proprie immagini della realtà; in particolare i membri delle classi più elevate tendono a vedere nella società un numero di classi maggiori di quanto si raffigurano gli appartenenti alle classi inferiori. Inoltre un’immagine conflittuale e antagonista della struttura di classe è prevalente in coloro che appartengono alle classi inferiori.

La mobilità sociale. Per mobilità sociale si intende il movimento di un individuo o di un gruppo da una classe (o starto) sociale a un’altra. La mobilità sociale può essere verticale (ascesa o discesa nel sistema di stratificazione) o orizzontale (mutamento di posizione sociale senza che corrisponda un cambiamento della posizione generale nella gerarchia di prestigio o nel livello di classe sociale).
Le moderne società industriali sono caratterizzate dal fenomeno della mobilità sociale, a differenza di realtà del passato. La mobilità sociale, le sue dimensioni, il suo ritmo, la sua direzione, possono essere determinati, favoriti o bloccati da una serie di elementi quali la politica, il governo, le possibilità di accesso all’istruzione, il reddito familiare, etc.

La mobilità in Italia. In Italia il fenomeno è relativamente recente. Gli eventi del post-fascismo, della ricostruzione post-bellica hanno prodotto dei cambiamenti profondi nella struttura di classe sociale, sviluppando una forte mobilità generazionale determinata anche da un accresciuto livello di scolarizzazione.
Si è verificato inoltre un forte fenomeno migratorio, sia interno sia internazionale, e molte classi sociali hanno continuato ad arricchirsi a scapito di altre (fenomeni di disuguaglianza sociale). Ciò è stato possibile anche grazie a molti fenomeni di evasione contributiva, previdenziale e fiscale.
In Italia non esiste una classificazione unitaria delle categorie sociali, nessun ente si è preso l’onere e la responsabilità di fissare dei parametri ufficiali. Esistono però alcuni studi che cercano di ricostruire la struttura di classe. Ad es, Sylos Labini, considera come base di misurazione il reddito(o meglio il modo di misurazione del reddito) ma tiene conto anche delle condizioni culturali. In tal modo si ottiene un sistema che comprende i seguenti 4 gruppi:
- la borghesia (grandi proprietari agricoli o immobiliari che ricevono rendite, da imprenditori e alti dirigenti dell’industria e da grandi professionisti);
- le classi medie che comprendono la piccola borghesia impiegatizia -redditi da stipendi-, la piccola borghesia autonoma – artigiani, commercianti, etc, categorie particolar come militari e religiosi)
- i coltivatori diretti o contadini proprietari
- la classe operaia che riceve il salario.
- il sottoproletariato (persone povere, dedite ad attività precarie).

Il mutamento più profondo dagli anni 70-80 è costituito dall’ulteriore crescita dei ceti medi e urbani in particolare quelli impiegatizi, questo dovuto alla crescita dei servizi. Tale struttura di classe muta assai più in seguito della mobilità inter-generazionale che a seguito di passaggi diretti degli individui.
Se il primo boom economico aveva comportato una grande mobilità sociale e soprattutto territoriale dalla campagna alla città, e dal Sud al Nord, dall’agricoltura all’industria, ora lo sviluppo economico porta con sé una mobilità di breve raggio: mobilità sociale tra posizioni contigue e mobilità territoriale dal cuore delle aree metropolitane alla periferia.
Il gruppo sociale dominante è il ceto medio urbano: le classi medie urbane costituiscono uno strato molto composito, con molte divisioni interne.

Tratto da MANUALE DI SOCIOLOGIA di Alessia Chiovaro
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.