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Lordosi lombare e Lombalgia (Low Back Pain - LBP)


Il valore della curva lombare del rachide si modifica in base alla posizione assunta dal soggetto, perché durante il mantenimento della posizione eretta aumenta, mentre quando si siete su una sedia con appoggio schienale, si riduce notevolmente.

Il dolore al livello del rachide lombare si sviluppa, perché in seguito a quella che è la sua normale curva fisiologica, le forze di compressione si scaricano tutte sulla parte posteriore, quindi sui processi posteriori della vertebra, sulla parte posteriore del nucleo dell’anello fibroso e sulla parte posteriore del disco intervertebrale, anche se però alcuni studiosi hanno affermato che questa conformazioni porti a dei vantaggi in fasi di scarico verticale non eccessivo.

Ancora attraverso vari studi si è notato come nella deambulazione, al livello lombare le forze scaricandosi sulla parte posteriore del rachide, comportano ad un maggiore rilassamento del legamento longitudinale posteriore e quindi la sua stabilità è affidata tutta al compartimento muscolo-tendineo, ed in seguito alla flessione nei due piani e a una lievissima torsione sul piano trasverso associato a oscillazioni posturali, si crea un sollievo al livello lombare salvaguardando anche la degenerazione discale.

La postura antalgica si ricerca con una riduzione delle forze sulle faccette articolari, aumento del forame vertebrale e ridistribuzione della compressione nelle fibre dell’anello.


Il dolore tipico del tratto lombare viene classificato in acuto o cronico.
• Acuto, noto come lombalgia acuta o colpo della strega, si verifica in seguito ad una eccesiva estensione del tronco che comporta ad una trazione eccessiva delle fibre esterne del disco dovuto ad una migrazione del nucleo polposo, con anche una maggiore tensione sul legamento longitudinale. In questo caso per evitare la condizione di dolore i muscoli si accorciano andando a bloccare la parte lombare, e questa situazione algica si protrae per circa 15 giorni.
• Cronica, quando un degrado della meccanica articolare evolve in alterazioni permanenti della postura, ovvero il soggetto al fine di evitare delle situazioni di dolore che oltrepassino la soglia di dolore dei nocicettori, assume delle posture antalgiche permanenti.

Anche altre patologie possono provocare dolore al livello della regione lombare del rachide, e si interviene con la somministrazione di protocolli personalizzati seguendo la linea del Postural Back School del metodo C.A.M.O.

Nei pazienti giovani l’ipermobilità è anche sinonimo di instabilità, la quale si associa a stati di ipomobilità di altri segmenti.
Mentre nei soggetti anziani il tratto lombare del rachide, risulta ipomobile dovuto a sinoviti o artriti degenerative.

Tale ipermobilità tenderà a comportare una riduzione della funzionalità dell’elemento funzionale il quale ha il compito di poter contrastare le forze che si vanno a manifestare durante un movimento sul piano frontale o sagittale.
I segmenti ipermobili però nel tempo subiscono delle modificazioni al livello delle fibre dell’anello fibroso e del nucleo polposo che irrigidendosi aumentano la funzione dell’elemento funzionale.
Queste modifiche conseguenzialmente creano problemi di tipo algico che sono tipici del LBP non specifico che si sviluppano attraverso pseudospondilolisi, ipermobilità segmentaria e rimodellamento.

La pseudospondilolisi comporta un incremento dell’ipermobilità in direzione antero-posteriore, 3 D e in flessione laterale che comporta ad una deformazione dell’anello fibroso e dei legamenti.
Il dolore provocato da queste modificazioni è originario da condropatie, sinoviti o irritazioni croniche del disco.

Per quanto riguarda le condropatie, interessano unilateralmente anche i glutei e l’arto inferiore, cui il massimo del dolore si raggiunge quando si combinano movimenti in 3D (estensione, flessione laterale e rotazione di torsione verso lo stesso lato) che comprimono le faccette, ed il dolore è localizzato dal lato della flessione.

Mentre le sinoviti, tendono a causare dolore durante movimenti accoppiati (estensione, flessione laterale e rotazione controlaterale), sviluppandosi sul lato controlaterale e coinvolgendo maggiormente il tratto lombare inferiore.

I pazienti che soffrono di sinoviti e di condropatie possono alleviare il dolore con la mobilizzazione sia delle zone dell’elemento funzionale dolorante che di quelle ipomobili adiacenti.

L’ipermobilità o l’instabilità della colonna vertebrale, associate al LBP non specifico, comportano la formazione di altre sintomatologie algiche conosciute come LBP specifico, quali:
• Spondilolistesi degenerativa;
• Sindromi della compressione dinamica delle radici nervose;
• Claudicatio neurogena dinamica;
• Sindromi della compressione statica delle radici nervose;
• Claudicatio neurogena statica.


La spondilolisi degenerativa, è caratterizzata da uno scivolamento anteriore o posteriore meglio denominati come retrolistesi o anterolistesi, le quali sono dovute da un dolore causato da sforzi del disco e cambiamenti condropatici nei giunti apofisari.

La stenosi invece comporta ad una compressione delle radici nervose con conseguente claudicatio neurogenica che può essere centrale se interessa il canale vertebrale o laterale se interessa i formami intervertebrali; inoltre può essere classificata in statica se i sintomi si verificano indipendentemente dagli atteggiamenti posturali, e dinamica nel caso contrario.
La stenosi si tende a verificare perché si ha una modificazione del legamento giallo che ha una riduzione dell’elastina con un aumento del collagene e del grasso nel canale spinale che conseguenzialmente crea pressioni sui nervi che lo oltrepassano.

La stenosi centrale su due livelli porta alla formazione della claudicatio neurogena intermittente, che aumenta nel mantenimento della posizione eretta, nella verticalizzazione con estensione e nella camminata, riducendosi invece nella posizione seduta e nella deambulazione con flessione dorsale.

La sindrome da compressioni delle radici nervose è una conseguenza della stenosi centrale ad un singolo livello insieme ad una stenosi foraminale; mentre la sindrome da compressione dinamica delle radici nervose, è data da compressioni che conseguenzialmente compromettono i sistemi vascolari creando infiammazioni.

La claudicatio neurogena dinamica intermittente e la sindrome da compressione delle radici produce problemi anche al livello periferico e i soggetti sentono peggiorare i sintomi deambulando in discesa o stando in posizione supina, alleviandosi in posizione da seduti o deambulando in salita o ancora pedalando.

Purtroppo ancora ad oggi molti soggetti associano il dolore ala motricità e quindi affinchè possano evitare tale condizione algica, preferiscono avere una vita statica, non tenendo però conto che ciò favorisce la degenerazione della motricità del sistema. È fondamentale in questi casi poter utilizzare il metodo C.A.MO. per indurre il soggetto ad un riequilibrio posturale e ad una educazione comportamentale, in modo tale che dopo un mese dalla continua somministrazione degli esercizi, il soggetto li faccia propri e quindi gli si dà la possibilità di poterli eseguire anche in modo autonomo nel proprio domicilio, continuando ad eseguire un controllo per una volta a settimana per almeno altri 2-3 mesi.

Innanzitutto è bene saper sempre riconoscere quelli che sono dei dolori associati alla patologia, e quelli che sono dei dolori riscontrati in seguito alle esercitazioni, e poi è anche bene un supporto psicologico da parte dell’allenatore, in modo tale da poter passare da vittima del dolore a gestore del suo disturbo.

Ad oggi è infondata la legge che l’attività motoria possa migliorare le condizioni sopra elencate, ma non è possibile determinare come una metodica possa essere migliore rispetto ad un’altra, ma bisogna sempre ben curare la posizione di partenza degli esercizi e stilare un programma di lavoro personalizzato che sia idoneo alle necessità del soggetto.

Nel back pain specifico sicuramente di natura meccanico/funzionale, è importante poter individuare quei fattori meccanico funzionali che portano il dolore all’individuo al fine di poter programmare esercitazioni che mirino alla guarigione fisiologica dei tessuti evitando o almeno limitando le eventuali recidive.
Nel caso in cui invece si presenti un caso ben più grave, allora è sempre bene che il laureato in scienze motorie si confronti con altri specialisti e che abbia la collaborazione di un medico.

Tratto da TEORIA TECNICA DIDATTICA ATTIVITÀ MOTORIA di Vincenzo Sorgente
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