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Il concetto di rischio nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro


Uno degli attributi fondamentali dell’infortunio indennizzabile è la sua imprevedibilità specifica concreta: infatti, si richiede debba trattarsi di un evento comunque incerto (tale incertezza deve riguardare il se, il come, il quando e il chi).
Più brevemente: deve sussistere il rischio, intendendosi con tale termine il grado di probabilità del verificarsi di un evento dannoso.
Ma ai fini della tutela previdenziale non basta la sola dimostrazione dell’esistenza di un rischio generico: deve trattarsi di rischio lavorativo o di rischio protetto, nel senso che il lavoro deve esso stesso condizionare e in qualche modo aggravare la natura e l’entità del rischio.
Dal punto di vista tecnico-assicurativo il giuridico si suole parlare di:
a. rischio generico, per indicare la semplice possibilità del verificarsi di un evento dannoso: è il rischio cui sottostà la generalità degli appartenenti a una data collettività (tutti, ad esempio, sono sottoposti a rischio di un terremoto o di un fulmine);
b. rischio generico aggravato, quando sussiste la probabilità del verificarsi dell’evento stesso: tale maggiore gravità del rischio deriva dalla stessa attività espletata che costringe il lavoratore ad esporsi maggiormente a determinati fattori di rischio (si pensi ai lavoratori addetti alla manutenzione delle strade, certamente più esposti di altre persone ad essere vittime di incidenti stradali);
c. rischio specifico, quando esiste l’elevata probabilità del verificarsi del danno: si tratta di un rischio che grava soltanto su coloro che svolgono una certa attività e quindi dipende proprio dalle particolari caratteristiche dell’attività espletata.
Perché sussista la tutela previdenziale occorre che il lavoro abbia prodotto almeno un aggravamento del rischio generico, che si tratti cioè di rischio generico aggravato o di rischio specifico.

A giustificare la tutela previdenziale è il particolare collegamento fra il danno lavorativo e l’attività prestata.
Occasione di lavoro non sta, quindi, a significare un rapporto di derivazione diretta come da causa ad effetto tra lavoro e danno, quanto invece un rapporto più ampio (rapporto “occasionale”), l’atmosfera lavorativa nella quale si verifica l’incontro fra la causa violenta e il corpo umano.
Non basta però la semplice correlazione cronologica o topografica o un collegamento solo marginale fra l’attività lavorativa e il sinistro; l’evento dannoso deve dipendere direttamente dal rischio (generico aggravato o specifico) inerente l’attività espletata e deve quindi accadere in stretta connessione con il perseguimento delle specifiche finalità di lavoro.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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