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Madame Bovary e I fiori del male: i due casi letterari



Nel 1857, a Parigi furono stampati due libri che segnarono l’inizio di nuovi percorsi culturali ed estetici: Madame Bovary di Flaubert e I fiori del male di Baudelaire. Entrambi possono essere considerati, nei campi del romanzo e della poesia, le opere da cui prese il via un nuovo modo di scrivere, di concepire l’arte e il ruolo dello scrittore. Madame Bovary si segnala da subito per il suo carattere antiromantico, sia per il contenuto smitizzante nei confronti degli ideali e del gusto di quella cultura, sia per la formula narrativa, incentrata sulla scomparsa dello scrittore – narratore (che rinuncia ad intervenire e commentare), sia per il realismo dello stile e l’oggettività scientifica dell’indagine psicologica. Baudelaire, con le cento poesie della prima edizione de I fiori del male, mostrò le potenzialità di una poesia che, attraverso un linguaggio simbolico, metteva a nudo i tormenti, le ambiguità e le esaltazioni di un’interiorità sollecitata da sensazioni esterne, dalle immagini e ossessioni del subconscio. A pochi mesi di distanza i loro autori furono portati in tribunale, accusati di oscenità. Flaubert si fece portatore di tutte le istanze del perbenismo borghese e del bigottismo e fu assolto. Lo stesso magistrato ottenne la condanna di Baudelaire e del suo editore, costretti a pagare una multa e a sopprimere sei poesie. Ciò portò alla nascita di una nuova arte.

Tratto da CONTRORIFORMA E SECONDO 800 IN LETTERATURA di Gabriella Galbiati
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