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Evoluzione scolastica e culturale dell’Impero ottomano nella fine del XIX secolo – A. Hourani


Nell’ultima parte del XIX secolo, la consapevolezza della forza dell’Europa si era diffusa. Si era sviluppato un nuovo ceto istruito, formatosi in scuole di nuovo tipo. Agli inizi si trattò di scuole specializzate per la formazione di funzionari, ufficiali, medici e tecnici, a Istanbul, al Cairo e a Tunisi. Alla fine del secolo, però i sistemi ufficiali erano cresciuti. Nelle grandi città di provincia ottomane esistevano scuole primarie e secondarie, a Istanbul era stata fondata anche un’Università. Vi era una scuola francese di diritto a Il Cairo, in Sudan, un collegio governativo istruiva i giovani per i ruoli inferiori nell’amministrazione governativa.

Accanto alle scuole governative vi era un numero limitato di scuole, allestite da scuole indigene, mentre maggiore era il numero di quelle mantenute da missioni europee o americane. Le scuole di missioni cattoliche si estesero con il sostegno finanziario del governo francese e sotto la sua protezione. Fu sempre un’iniziativa francese che portò alla creazione dell’Alliance Israélité, organizzazione ebraica che fondò scuole per le comunità ebraiche dal Marocco all’Iraq. In tutti questi sistemi vi erano anche scuole per ragazze.

Si sviluppò quindi una nuova generazione abituata a leggere. Molti erano in grado di leggere in lingua straniera. Libri periodici e quotidiani erano i canali attraverso i quali giungeva agli Arabi la conoscenza del nuovo mondo dell’Europa e dell’America. Uno dei principali ambiti di interessi fu il sorgere di un nuovo genere di letteratura, in cui gli autori arabi cercavano di esprimere in arabo la coscienza di sé. L’altro grande ambito d’interesse dei nuovi scritti era il crescente potere sociale ed intellettuale dell’Europa, con la sua scienza e la sua tecnologia moderna, con le sue istituzioni politiche. Ci si domandava come poteva lo Stato musulmano ottomano acquisire la forza di confrontarsi con l’Europa e di entrare a far parte del mondo moderno.

Nella concezione di alcuni nuovi autori (funzionari impegnati nelle riforme), l’Impero Ottomano doveva acquisire la forza di uno stato moderno cambiando le leggi, il modo di amministrare e l’organizzazione militare; il rapporto fra sultano e sudditi doveva essere trasformato in un rapporto tra governo moderno e cittadini. Tutto ciò poteva essere fatto senza tradire l’islam o la tradizione dell’impero. Col procedere del secolo, e con l’ascesa di un nuovo ceto istruito negli anni 60 e 70, si registrò una spaccatura tra i sostenitori delle riforme. Si trattava di una divisione nel modo di concepire i fondamenti dell’autorità: se questa dovesse essere esercitata da funzionari responsabili nei confronti degli interessi dell’Impero, o se invece andasse esercitata da un governo rappresentativo uscito dalle elezioni.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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