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Intervento sociale nel mondo del lavoro negli anni 60-70 – Vera Zamagni


Se la crisi del 1963, con una visione a lungo periodo, fu in realtà modesta, altri in realtà erano i veri problemi che travagliavano l’economia italiana. Il problema più serio fu dovuto all’insistita imitazione del modello americano. Tale modello dava risultati di elevata produttività in presenza di un sindacato collaborativi, che limitava le rivendicazioni a salari più elevati, ideale che la CISL non praticava affatto. Dimostrazione fu il duro conflitto fra capitale e lavoro dell’autunno 1969.

Lo Stato decise di intervenire massicciamente, approvando lo Statuto dei lavoratori nel 1970 e dando il via ad un insieme di provvedimenti che miglioravano sostanzialmente le prestazioni italiane di welfare state. Alla conseguente impennata della spessa pubblica non corrispose però l’adeguamento della contribuzione fiscale e fu così che iniziò quella politica di continui deficit di bilancio che ha fatto accumulare un debito pubblico colossale.

Ma l’applicazione del modello fordista americano incontrò limiti anche dal lato della domanda. L’espansione meramente quantitativa degli impianti di grandi dimensioni si rivelò un colossale spreco. Con l’interruzione della crescita economica, causata dall’imponente aumento dei prezzi delle materie prime, l’equilibrio saltò, si dovette restringere la domanda interna e portare avanti misure di equilibrio, mentre si ricorreva a prestiti internazionali.

Occorreva, così, cambiare registro: ciò avrebbe implicato la necessità di far leva su modello alternativo a quello americano. Tale conseguenza avrebbe definitivamente rallentato la capacità di crescita dell’economia italiana, acuendo il mai risolto problema occupazionale.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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