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L’industrializzazione in Francia - Eric Hobsbawm


Diversamente che in Gran Bretagna, in tutto il continente il governo ebbe nello sviluppo industriale una partecipazione più vasta, proprio perché vi era costretto. Tutte le nuove reti ferroviarie vennero progettate dai governi. La prima e la meglio congegnata di tali reti fu quella belga, progettata poco dopo il 1830 allo scopo di svincolare il nuovo Stato indipendente dal sistema di comunicazioni olandese. Difficoltà politiche e la riluttanza della grande bourgeoisie ritardarono la costruzione della rete ferroviaria francese, la scarsità di mezzi ritardò invece la costruzione delle ferrovie austriache, nonché i progetti prussiani.

Per analoghe ragioni l’iniziativa commerciale dipendeva assai di quella britannica da un’adeguata modernizzazione della legislazione affaristica, commerciale e bancaria e del sistema finanziario. A questo provvidero i codici giuridici di Napoleone. Molto favore riscossero inoltre all’estero i metodi di finanziamento dell’industria scaturiti dai fratelli Pereire. Queste idee miravano a mobilitare, attraverso le banche e i trust d’investimento, tutta una varietà di capitali locali che non sarebbero forse andati spontaneamente ad alimentare lo sviluppo industriale.

Lo sviluppo economico di quel periodo presenta comunque un gigantesco paradosso: la Francia. Nessun altro paese avrebbe avuto maggiori possibilità di progredire rapidamente. L’ingegnosità e l’inventiva dei suoi operatori economici non aveva confronti in Europa. I finanzieri francesi erano i più abili del mondo. Parigi era un centro della finanzia internazionale, superato di poco da Londra. Eppure, lo sviluppo economico francese era alla base nettamente più lento di quelli di altri paesi. La potenza industriale era indubbiamente maggiore nel 1840 di quella di tutti gli altri paesi ma aveva perduto terreno rispetto alla Gran Bretagna ed era sul punto di perderne anche rispetto alla Germania. Solo un numero sparuto di braccianti senza terra si trasferiva nelle città; i prodotti in serie e a buon mercato, che altrove fecero la fortuna degli industriali progressisti, non trovavano un mercato sufficientemente vasto e in evoluzione.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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