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L'accumulazione del capitale e la transnazionalizzazione delle imprese – B. Rosier e P. Dockès


L’ordine produttivo che prevalse durante il lungo periodo successivo alla Seconda Guerra mondiale si basa su un modo di accumulazione fondato su un sistema di oligopoli stabilizzati a livello nazionale. Il montare a partire dal 1966-1968 di lotte sociali originali che contestano le forme stesse del lavoro industriale apre una vera e propria crisi del lavoro; essa costituisce uno dei maggiori fattori che spingono verso il calo della remuneratività del capitale.

Si tratta dell’emergere di contraddizioni nuove su una base sociale: la modifica graduale del rapporto di forze in favore dei salariati nel corso degli anni sessanta destabilizza l’equilibrio sociale sul quale si fonda l’ordine produttivo di allora. Questo fenomeno costituisce un primo grande fattore esplicativo dell’inversione della congiuntura lunga.

Il vigore dell’accumulazione del capitale nel corso degli anni cinquanta e sessanta assume abbastanza rapidamente l’andamento di una vera “transnazionalizzazione” delle imprese interessate e delle economie più industrializzate, intendendo questa nozione in un duplice senso:
Da una parte, queste economie si trovano massicciamente attraversate da flussi di merci, risultando le frontiere nazionali abbastanza obsolete a questo riguardo.
Dall’altra parte e soprattutto, la logica di funzionamento dell’accumulazione del capitale va oltre le basi nazionali per essere direttamente legata al mercato mondiale.

Questo processo della transazionalizzazione rimette allora in causa e destabilizza i modi di regolazione la cui efficacia dipendeva dalle economie nazionalizzate, tanto per ciò che riguarda il ruolo degli “oligopoli stabilizzati” quanto per ciò che riguarda le forme specifiche del fordismo e delle politiche di regolazione congiunturali. Abbiamo qui il secondo grande fattore esplicativo, a nostro avviso, dell’inversione della congiuntura lunga.

La convergenza di questi due processi conduce ad un’implosione dell’ordine produttivo. L’equilibrio dinamico del periodo precedente si trova così rimesso in discussione. L’innovazione maggiore può darsi libero corso in tutti i campi, quale che ne sia il costo sociale: la modernizzazione industriale e l’aumento correlativo della disoccupazione lo testimoniano. La depressione lunga che ne discende ritrova così la sua funzione classica: prima mettere a punto, poi mettere in opera nuove basi tecniche ed industriali, economiche e sociali.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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