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La fine degli equilibri del congresso di Vienna - Hagen Schulze


Per l’Europa il sorgere degli Stati nazionali tedesco e italiano ebbe un significato rivoluzionario. Saltava il principio di equilibrio nato a Vienna, basato sulla frammentazione dell’Europa centrale. La concentrazione di potere del tutto nuova suscitò all’interno dei governi europei un notevole sconcerto al quale diede voce il capo dell’opposizione inglese Disraeli: “Si affacciano pericoli nuovi e di gravità sconosciuta, con i quali dovremo fare i conti e che sul momento non appaiono ancora comprensibili”.

La creazione di tali Stati nazionali è stata definita una rivoluzione dall’alto, un sovvertimento politico guidato da uomini politici preminenti come Cavour e Bismarck. Nel caso italiano però appare evidente che si era realizzata di fatto una stretta collaborazione tra il primo ministro piemontese e le forze della rivoluzione dal basso, i democratici-rivoluzionari che facevano capo e Garibaldi e Mazzini. Tuttavia anche per la Germania è possibile vedere nel cammino che condusse alla formazione dell’impero il risultato della cooperazione tra Bismarck e il movimento nazionale. Nulla che alla lunga si fosse opposto al nazionalismo delle masse avrebbe potuto condurre al successo.

L’anno 1871 segnò una svolta storica ancor più rilevante di quanto i contemporanei fossero in grado di cogliere. Al centro dell’Europa si erano costituite in Germania e in Italia due importanti realtà poltico-territoriali che apparivano estranee al sistema degli equilibri di potere europei. Di fronte a quest’evento le principali potenze del continente reagirono così energicamente che all’inizio del XX secolo il volto dei grandi stati nazionali europei era cambiato sostanzialmente, dal punto di vista sia politico che spirituale.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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