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La fine della teoria monetaristica – Sidney Pollard


La teoria monetaristica sosteneva che la crescita dei prezzi poteva essere contrastata con un tasso di disoccupazione adeguatamente alto. Il suo risultato fu così un calo dell’occupazione, una crescita più lenta, un aumento delle fasce di popolazione condannate a povertà e disoccupazione.

In realtà nel mondo avanzato non c’era alcun segno di preoccupante iperinflazione e, in realtà, la vera causa del ribaltamento dello Zeitgeist può essere individuata correttamente nell’aver comportato una riduzione dei profitti, e a questa riduzione fu associata una perdita del potere dei proprietari e capitalisti nel mercato del lavoro e nella gestione del lavoro in fabbrica. Proprio come la politica keinesiana aveva recepito alcuni degli ideali di sinistra, il monetarismo è facilmente diventato un’ideologia abbracciata dalla destra. Così, i tagli alla spesa pubblica divennero uno degli ingredienti principali della politica monetarista.

Praticamente in ogni paese si affermò una tendenza politica a invertire il processo di nazionalizzazione, privatizzando le imprese socializzate. Una spinta a favore di ciò si fondava sull’idea che le imprese private fossero gestite in maniera più efficiente di quelle pubbliche. Ma non si può non tenere conto del fatto che il trasferimento dal pubblico al privato avrebbe anche accresciuto l’opportunità di realizzare profitti.

Il taglio dei salari, l’indebolimento dei sindacati, la riduzione delle tasse aumentarono la quota dei profitti e i redditi dei ricchi, provocando una maggiore disuguaglianza economica, mentre il reddito nazionale pro capite stava ancora crescendo. Come al solito, si registrano differenze tra i paesi.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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