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Rilevazione e pronuncia di estinzione


Nell’ultimo comma dell’art 307 leggiamo che “l’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni difesa”.
E’ certo che l’estinzione non può essere rilevata d’ufficio, e quindi essa può operare solo se la parte interessata solleva la relativa eccezione: risulta quindi viziata, e come tale annullabile, la dichiarazione di estinzione fatta dal giudice di sua iniziativa. Tuttavia l’estinzione assume il valore di mero provvedimento ricognitivo di una situazione già avveratasi, con la conseguenza che la dichiarazione retroagisce al momento in cui si è perfezionata la fattispecie estintiva.
Se l’estinzione non viene rilevata dalla parte interessata occorre distinguere tra una c.d. inattività semplice e una c.d. inattività qualificata.
Sono considerate forme di inattività semplice tutte le fattispecie di estinzione di cui all’art 307 c1.
Integrano invece inattività qualificata quelle situazioni in cui sulle parti grava l’onere specifico di regolarizzare un rapporto processuale viziato: ad esse spetta quindi compiere un’attività di impulso senza la quale il processo non potrebbe correttamente proseguire, e l’inattività assume quindi un valore particolare.
La mancata eccezione potrà evitare la declaratoria di estinzione ma non potrà sanare il rapporto processuale, lasciando che il giudice pronunci sentenza di merito: venuta meno la possibilità di pronunciare in via breve l’estinzione, il giudice deve trovare cmq il modo di evitare di decidere in merito un rapporto processuale irrimediabilmente viziato.
L’ultimo comma dell’art 307 prescrive che l’estinzione “è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio, se dinanzi a questo venga eccepita”. L’art 308 c1 prevede ancora che l’ordinanza che pronuncia l’estinzione sia reclamabile al collegio.

TIPI DI STRUTTURA
Struttura collegiale: l’accoglimento dell’eccezione di estinzione sollevata nella fase istruttoria prende forma di ordinanza del giudice istruttore reclamabile al collegio: la parte interessata alla prosecuzione può proporre reclamo al collegio contro la declaratoria di estinzione “nei modi di cui all’art 178 c 3, 4, 5”.
Struttura monocratica: in forma dell’ordinanza sarà reso il solo rigetto dell’eccezione di estinzione in fase istruttoria. L’accoglimento dell’eccezione di estinzione assume invece sempre forma di sentenza: essendo importante che il provvedimento sia controllabile da un diverso giudice, e non essendo possibile il reclamo, occorre che l’estinzione sia dichiarata in un provvedimento impugnabile. La sentenza si presta perfettamente allo scopo.

GLI EFFETTI DELL’ESTINZIONE
Gli effetti dell’estinzione sono stabiliti dall’art 310.
Ad estinguersi è il processo: considerando questo in una sede coordinata di atti, l’estinzione da un lato impedisce di compiere ulteriori atti della serie, dall’altro rende inefficaci gli atti compiuti.
L’estinzione però non estingue l’azione: l’estinzione sancisce la chiusura del processo in corso senza decidere però dei diritti fatti valere con la domanda, sicchè tali diritti saranno ancora “azionabili”.
Come regola generale gli atti che lo costituiscono perdono la loro efficacia. Questo vale in linea di principio per gli atti delle parti e per quelli degli uffici, con l’eccezione di alcuni provvedimenti. Così non vengono travolte dall’estinzione le sentenze di merito e le sentenze “che regolano la competenza”: esse mantengono la loro efficacia tra le parti negli eventuali nuovi processi che dovessero aver luogo tra queste sulla medesima situazione litigiosa.
L’espressione “sentenze che regolano la competenza” indica i provvedimenti della Corte di Cassazione che decidono la questione di competenza sia pronunciando sullo specifico rimedio del regolamento di competenza, sia pronunciando sulla competenza all’esito di ricorso ordinario.
Le altre sentenze che conservano la loro efficacia oltre il processo estinto sono “le sentenze di merito”.
Non sopravvivono all’estinzione invece le ordinanze istruttorie e le sentenze meramente processuali: la cosa si comprende, essendo le ordinanze e i decreti pronunciati nel processo estinto per loro natura limitati a regolare il rapporto processuale che viene meno, sicchè non ha senso che mantengano la loro efficacia al di là del processo estinto.
Secondo l’art 310 c3 “le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell’art 116 secondo comma”.
Le prove provenienti dal processo estinto non scompaiono: esse saranno valutabili nell’eventuale, successivo processo che dovesse riaprirsi tra le stesse parti dopo l’estinzione. La norma introduce peraltro una limitazione alla loro efficacia: esse dovrebbero valere quali “argomenti di prova”.
Infine, l’ultimo comma dell’art 310 sancisce che “le spese stanno a carico delle parti che le hanno anticipate”. Si ha qui una sorta di “chi ha avuto..ha avuto; chi ha dato..ha dato” che dipende dal fatto che manca una “parte soccombente” condannabile al rimborso delle spese, poiché manca la sentenza con cui il giudice “chiude il processo davanti a lui”.

Tratto da PROCEDURA CIVILE di Alessandro Remigio
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