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Basi anatomo-funzionali dei disturbi dell’umore: depressione


•    È stato proposto che alla base della fisiopatologia dei disturbi dell’umore  vi sia una disfunzione di 2 importanti circuiti neuronali:
1)    Il circuito limbico-talamo-corticale
2)    Il circuito limbico-striato-pallido-talamico.

•    Tra le strutture cerebrali proposte come substrati neurali della depressione (sia primaria che secondaria) vi sono l’amigdala, la corteccia prefrontale, la corteccia del giro del cingolo, l’ippocampo, che svolgono uno specifico ruolo nella regolazione dell’umore.

•    Negli studi di neuroimaging, il gradiente del flusso ematico e del metabolismo cerebrale dell’amigdala sono risultati correlati positivamente con la gravità della depressione, mentre durante il trattamento antidepressivo il metabolismo ritorna a livelli di normalità. Dato che  l’amigdala è implicata nell’apprendimento e nella rievocazione di ricordi a contenuto emozionale, è stato ipotizzato che un’eccessiva stimolazione da parte dell’amigdala delle aree corticali deputate all’elaborazione dei ricordi (riguardanti la memoria dichiarativa) sia alla base del continuo ripensare dei soggetti con depressione ad eventi spiacevoli o tematiche di colpa.
Altre ipotesi sul ruolo dell’amigdala riguardano una percezione (e conseguente memorizzazione) distorta del significato emozionale di uno stimolo (a causa di un’iperattivazione noradrenergica dell’amigdala e di un aumento dell’increzione di cortisolo), con la conseguente attribuzione di una valenza negativa.
Infine è stato ipotizzato che durante la depressione vi sia una disfunzione dell’amigdala per quanto riguarda la comprensione delle emozioni espresse dai volti.

•    Indagini sulla corteccia frontale nei soggetti con depressione hanno dimostrato che vi sono differenze anatomiche nell’area 24 sotto il ginocchio del corpo calloso e differenze nella densità e nel numero totale di cellule gliali rispetto ai controlli sani. L’ipotesi è che vi sia un deficit specifico nella densità gliale di quest’area della corteccia prefrontale, in determinati gruppi di soggetti con disturbo depressivo o sindrome bipolare (per lo più i soggetti con familiarità); tale deficit potrebbe essere un marker della depressione.

•    Negli stati di depressione maggiore, la corteccia del giro cingolato anteriore dorsale è ipoattiva, quella rostrale è iperattiva. La divisione rostrale integra le componenti affettive delle risposte agli stimoli ambientali con le componenti cognitive, le quali sono mediate dalle regioni dorsale e posteriore del cingolo. L’iperattivazione della regione rostrale nella depressione dipenderebbe dal suo intervento per cercare di elaborare il conflitto tra lo stato affettivo di un soggetto depresso e le risposte che il contesto ambientale richiede. Il giro cingolato anteriore stimola poi il lobo frontale ad intervenire nell’ulteriore elaborazione del conflitto, ma a causa dell’ipoattività frontale  (documentata dagli studi di neuroimaging funzionale) il conflitto affettivo non viene risolto e la depressione continua.

•    Riguardo l’ippocampo, studi morfometrici mediante RM hanno dimostrato una riduzione del volume e studi con la PET una riduzione del metabolismo. Poichè modificazioni strutturali e funzionali dell’ippocampo sono state documentate in seguito a una condizione cronica di ipercortisolemia, il riscontro di livelli elevati di cortisolo durante episodi depressivi ha portato ad ipotizzare nella depressione una relazione circolare tra stress, ipercortisolemia indotta dallo stress e disfunzione ippocampale correlata all’aumento di cortisolo.
Sul piano neuropsicologico e psicopatologico, la disfunzione dell’ippocampo si correla al disturbo depressivo per il ruolo di questa struttura nel consolidare e rievocare i ricordi (che a seconda della valenza negativa hanno un peso determinante nella patogenesi della depressione) e nell’elaborazione di risposte affettive adeguate al contesto ambientale, che spesso risultano invece contestualmente inappropriate nel sogg depresso.

•    Studi di neuroimaging su paziente con depressione post-stroke o disturbi depressivi associati a malattia di Parkinson e altre patologie neurologiche hanno evidenziato una compromissione metabolica delle strutture che appartengono ai circuiti fronto-striato-talamo-corticale e limbico-baso-laterale. Una depressione secondaria può quindi verificarsi in seguito a una lesione di una qualunque di queste componenti. Alla luce delle correlazioni neurobiologiche riscontrate, è stato ipotizzato che alla base dei disturbi depressivi primari e secondari vi siano modificazioni di sistemi neuroanatiomici e neurochimici analoghi.

•    È stato così formulato un modello neuropsichiatrico integrato – strutturale e funzionale – della depressione indipendente dall’eziologia. Secondo tale modello, una patologia neurologica oppure fattori genetici (eventualmente associati a fattori psicosociali, ambientali e/o neurochimici), possono determinare una disfunzione di una o più componenti neuroanatomiche dei circuiti implicati nella genesi della depressione e indurre quindi una sindrome depressiva.
I diversi sintomi depressivi sono considerati espressione di una disfunzione di sistemi neurali differenti:
- Tristezza e disforia → lezioni limbiche
- Diminuzione di interesse → strutture implicate nei processi motivazionali: aree del cingolo, ipotalamo, mesencefalo
- Sentimenti di autosvalutazione e colpa e riduzione dell’iniziativa ideomotoria  → aree prefrontali e del caudato
- Disturbi del controllo emozionale → aree limbiche e tronco dell’encefalo
- Rallentamento motorio → gangli della base
- Segni vegetativi → ipotalamo.

Tratto da NEUROPSICHIATRIA di Maddalena Malanchini
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