Skip to content

Relazioni Internazionali nel ventesimo secolo

Il pensiero delle Relazioni Internazionali si è sviluppato attraverso fasi distinti, caratterizzate da dibattiti specifici fra gruppi di studiosi; molte volte nel corso del XX secolo è accaduto che una scuola di pensiero assumesse un ruolo dominante e che un’altra la contestasse vigorosamente. 3 sono stati i dibattiti più importanti da quando le Relazioni Internazionali sono diventate una disciplina accademica, dopo la fine della prima guerra mondiale, e oggi stiamo vivendo le prime fasi del quarto:
1. liberalismo utopico vs realismo
2. approcci tradizionali vs behaviorismo
1bis. neorealismo e neoliberalismo vs neomarxismo
3. tradizioni consolidate vs alternative postpositiviste
Da questi dibattiti è possibile ricavare una mappa del modo in cui la disciplina accademica delle Relazioni Internazionali si è sviluppata nel corso del secolo passato.
1.
La prima e decisiva spinta alla definizione delle Relazioni Internazionali come disciplina accademica venne dalla prima guerra mondiale (1914-18), con i suoi milioni di vittime. A determinare quella spinta fu la diffusa consapevolezza della necessità di impedire il ripetersi di sofferenze umane su una simile scala; il desiderio di non ricadere mai più nello stesso errore imponeva di fare i conti con il problema della guerra totale tra gli eserciti meccanizzati dei moderni stati industriali. La giustificazione di tutte quelle morti e distruzioni divenne sempre meno chiara via via che gli anni di guerra si succedevano, il numero delle vittime continuava ad aumentare a ritmi senza precedenti nella storia umana e la guerra cessava di mostrare il benché minimo scopo razionale.
La prima teoria accademica dominante delle Relazioni Internazionali venne fuori proprio dal tentativo di trovare qualche risposta. Per i pensatori liberali la responsabilità della prima guerra mondiale era attribuibile ai calcoli (e agli errori di calcolo) egoistici e miopi dei governanti autocratici al potere nei paesi pesantemente militarizzati coinvolti nella vicenda, in particolare in Austria e Germania. Per parte loro, i governanti democratici di Francia e Gran Bretagna si lasciarono trascinare nel conflitto da un sistema incrociato di alleanze militari.

Per i pensatori liberali di quei tempi la teoria obsoleta dell’equilibrio di potere e il sistema delle alleanze dovevano essere radicalmente modificati per impedire che una simile calamità potesse accadere di nuovo.
A quel tempo, gli USA avevano un presidente, Woodrow Wilson, che riteneva che la sua missione principale fosse quella di portare i valori liberali e democratici in Europa e nel resto del mondo  la concezione liberale era solidamente supportata sul piano politico dal più potente tra gli stati presenti allora sulla scena politica internazionale.
L’idea di Wilson di costruire un mondo sicuro per la democrazia (14 punti, 1918) esercitava una forte presa sulla gente. 2 punti centrali nelle idee di Wilson meritano una particolare attenzione:
il sostegno ai principi di democrazia e autodeterminazione: la speranza di Wilson era che la crescita della democrazia liberale in Europa avrebbe messo fuori gioco i governanti autocratici e bellicosi, sostituendoli con governi pacifici
la creazione di un’ organizzazione internazionale che ponesse le relazioni tra gli stati su basi istituzionali più solide di quelle fornite in passato dalle concezioni realiste del Concerto d’Europa e dell’equilibrio di potere.
L’argomentazione degli idealisti liberali è che la tradizionale politica di potenza (Realpolitik) è una “giungla” dove si aggirano animali feroci e dove vige la legge del più forte e del più astuto, mentre con la Società delle Nazioni quegli animali sarebbero chiusi in gabbie vigilate, in una specie di “zoo”.
NB: la fede liberale di Wilson che fosse possibile creare un’organizzazione internazionale in grado di garantire una pace duratura rimanda chiaramente al pensiero del più famoso dei teorici classici liberali, Immanuel Kant e al suo pamphlet Per la pace perpetua.
Norman Angell, un altro idealista liberale, nel 1909 pubblicò un libro intitolato La grande illusione: l’illusione è quella di molti statisti, ancora convinti che la guerra abbia scopi utili, che il successo in guerra arrechi benefici al vincitore. Secondo Angell, è vero l’esatto opposto: modernizzazione e interdipendenza alimentano un processo di cambiamento e di progresso che rende via via più obsoleti la guerra e l’uso della forza.
Il ragionamento di Wilson ed Angell si basa sulla concezione liberale degli esseri umani e della società: gli esseri umani sono razionali e quando applicano la razionalità alle relazioni internazionali possono creare organizzazioni destinate ad operare a vantaggio di tutti. L’opinione pubblica è una forza costruttiva: eliminando la diplomazia segreta nei rapporti tra gli stati ed esponendo ogni trattativa al vaglio del pubblico giudizio si otterranno accordi intelligenti ed equi. L’apice di questi sforzi fu raggiunto con il Patto Kellogg-Briand del 1928, un accordo internazionale che prevedeva l’abolizione della guerra, definendola giustificabile solo in casi estremi di autodifesa.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.