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Definizione di afilmico e profilmico


Souriau chiama l’afilmico ciò che designa la realtà usuale, la vita che segue il suo corso che non è per nulla preoccupata ne influenzata dalla captazione cinematografica. Si tratta di un tipo di scenografia di spazio filmato, esistente indipendentemente dall’istituzione cinematografica, ma che può essere momentaneamente preso in prestito dal cinema. L’afilmico ci riporta alla questione dello stile realista. Una parte della produzione Lumiere, ma solo una parte, si avvicina proprio a questo grado zero dello stile afilmico.  Lo stesso accade per una parte della produzione Edison e per una di Melies. In effetti c’è sicuramente stile nei Lumiere nella misura in cui questi operano intenzionalmente un certo numero di scelte inevitabili in particolare in relazione all’inquadratura. Come la fotografia il film attesta che si è captata una porzione di mondo vivente, anche se questo può essere interamente ricostruito e vestito ai fini di attrazione. Quando è di tipo afilmico lo stile dei Lumiere sembra essere legato soprattutto all’effetto fotografico. Paradosso: quando capta l’afilmico il cinematografo non si accontenta di questa semplice captazione della realtà, ma prolunga stili di captazione mediatica già ben affermati, come la fotografia. Accanto alla captazione, alla semplice registrazione di porzioni non preparate del vivente afilmico, la cinematografia attrazione cerca di cogliere anche il profilmico già messo in scena. Non si tratta ancora di spettacoli concepiti per il cinema ma si tratta di  configurazioni intenzionali marcate dallo stile delle serie culturali da cui provengono.
Il passaggio dall’afilmico al profilmico si fonda sul criterio di intenzionalità: sarà considerato profilmico ciò che è davanti alla cinepresa, ciò che nella realtà è già sistemato, ciò che si manifesta come soggetto privilegiato per la macchina da presa.
Ciò che si apprende da Melies alias Menard è che i cinematografasti possono essere anche dei cinematografisti di spettacolo. Questo stile profilmico perviene in qualche sorta all’ordine della mostrazione piuttosto che a quello della semplice captazione e restituzione. La mostrazione, vista sotto l’angolatura dello stile presume un intenzionalità, quella di portare lo sguardo dello spettatore, un profilmico ordinato e codificato.
Lo stile profilmico può denunciare un certo coefficiente di personalizzazione dello stile. Questo coefficiente si traduce nelle tracce formali lasciate sul visibile dall’atto del filmare.
Appare ora una nuova categoria di cinematografisti: i registratori di composizioni personali. Melies approfitta del dispositivo cinematografico per captare le sue composizioni personali per cogliere e prolungare delle cristallizzazioni del suo stile individuale. Così concretizza a suo modo il passaggio tra i due poli opposti dello stile, la norma collettiva e lo stile individuale.

Tratto da LO STILE CINEMATOGRAFICO di Laura Righi
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