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Pubblico e privato. Infotainment e spettacolo della politica



Si è molto enfatizzata la facilità con la quale è stato possibile convertire una parte di una organizzazione imprenditoriale (Fininvest) in una organizzazione politica (Forza Italia). La distinzione tra sfera pubblica e privata viene messa in discussione, con la seconda che penetra nel mondo dell’economia; tutto appare riducibile a merce, e le prove di questo processo si possono cogliere proprio nel sistema della comunicazione. L’uomo politico migra dai luoghi deputati all’informazione a quelli dello spettacolo, del talk-show; il neologismo infotainment cancella in confine tra informazione e intrattenimento, in un universo in cui la politica è tutt’uno con i meccanismi del consumo. I campi sono contaminati; persino il TG di Studio Aperto, nel maggio 1994, trasmetteva un servizio in cui si miscelavano la vittoria della Coppa dei Campioni da parte del Milan con il voto di fiducia del Senato al governo, mettendo in luce la doppia vittoria di Berlusconi.
Le grandi reti televisive riducono il tempo dedicato alla politica; le conventions politiche, prima veri e propri eventi mediatici per numero di spettatori, perdono audience, poiché si sono trasformate in pure manifestazioni di ratifica dei risultati già acquisiti attraverso le primarie. Quello che si perde in audience, però, può essere recuperato al momento dei sondaggi.
I grandi riti della politica hanno dovuto accettare la scansione sociale del tempo imposta dalla programmazione televisiva; la funzione dei parlamenti sopravvive in piccoli spazi all’interno delle trasmissioni, in una società che organizza e articola i suoi spazi secondo le tecniche della pubblicità. 

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