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Identità femminile di classe media e scelte di fecondità in Italia

Scelte moderne, identità ambivalenti. Genere, classe e fecondità nell'Italia urbana

In Italia uno dei tassi di fecondità più bassi del mondo convive con elementi tradizionali:
-basso livello di occupazione femminile e maggiore divario fra i tassi di attività maschili e femminili;
-grande influenza di matrimonio e maternità sulla carriera delle donne;
-marcata disuguaglianza di genere nel lavoro di cura e domestico;
-l'esperienza di maternità risulta fondante per la grande maggioranza delle Italiane.
Il modello di genere perseguito in Italia risulta problematico perché non prevede la condivisione di compiti domestici, inoltre i diritti di maternità sul lavoro sono considerati un lusso per le donne ed uno "spreco" sociale ed un oneroso costo aggiuntivo per la società; il congedo di paternità è ritenuto un'utopia o un'istanza risibile. Emerge anche un pesante giudizio morale sulla donna lavoratrice che decide di avere figli, quasi fosse un mancato controllo della fecondità.
Il lavoro di casalinga a tempo pieno è definito come limitante, restrittivo e claustrofobico a prescindere dalle condizioni sociali e dai contesti socioeconomici (Nord e Sud).


 
La moderna identità di genere femminile prevede una doppia presenza molto onerosa in termini di tempo e di energie ed è costituita da due componenti difficilmente conciliabili nel contesto socioeconomico italiano, che danno vita ad un ibrido culturale: -lavorativa: importanza del lavoro; -materna: importanza della dimensione familiare. In particolare il modello di genere della classe media implica la segregazione dei compiti e le pressioni socioculturali sulle donne per adeguarsi ad un impegnativo triplo ruolo di moglie, madre e lavoratrice. Nella concezione della famiglia moderna italiana non sono tanto le pratiche che prevedono la parità di genere ad essere dominanti, piuttosto la modernità è rappresentata da una soggettività femminile legata in larga misura al lavoro fuori casa e, insieme, da una maternità presente ed attiva che, paradossalmente, meno si adatta al lavoro femminile. Si lavora per essere indipendenti ma non per avere una parità di famiglia o una indipendenza dai legami familiari, tuttavia si lavora anche per essere madri migliori.



La costruzione del genere è segnata da una persistente disparità nel lavoro di cura e domestico per uomini e donne e risulta attraversata da nozioni di classe, mobilità sociale, identità, modernità.
In un contesto simile le strategie che portano ad una maggiore fecondità riguardano fasce relativamente piccole di popolazione e sono, da un lato, quella più moderna e simmetrica, per quanto minoritaria, in cui il marito collabora in modo consistente alla cura permettendo alla moglie di mantenere il lavoro oppure quella, più tradizionale, in cui lei rinuncia al lavoro per dedicarsi alla famiglia e lui incentiva il suo impegno lavorativo. Tuttavia quest'ultimo modello, definito "tradizionale", non sembra il più diffuso; nel Centro-Nord emerge un modello altoborghese a fecondità relativamente alta che prevede la rinuncia per la donna alla carriera (anche se non necessariamente al lavoro) ed una minima partecipazione nei compiti di cura da parte dell'uomo che viceversa è completamente assorbito dalla sua attività lavorativa. Nell'etica riproduttiva della classe media il secondo figlio:
-al Nord rappresenta il raggiungimento di un obiettivo attraverso l'impegno, l'organizzazione e lo sforzo per la donna lavoratrice;
-al Sud rappresenta una norma sociale e non andare oltre distingue la famiglia dalle classi popolari.

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