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La struttura del centromero nei diversi organismi modello

Per molti anni, si è pensato, dato la struttura del centromero è comune a tutti le specie che hanno cromosomi lineari, che questo fosse costituito da DNA omologo in tutti questi organismi. Invece, quello che si è scoperto è che nonostante la funzione sia altamente conservata la morfologia della regione centromerica varia in maniera sorprendente da specie a specie. Per esempio in Saccharomyces cerevisiae non esiste una struttura visibile ossia non vi è la costrizione primaria. Nei nematodi, invece, i cromosomi sono olocentrici cioè la regione centromerica è distribuita in tutto il cromosoma, ovvero non vi è una sola regione centromerica, e i microtubuli si attaccano in diversi punti su tutto il cromosoma. Invece, in molte piante e animali il centromero forma una costrizione primaria ben visibile in metafase e il cinetocore, in molti ma non in tutti, consiste in una struttura che è ben distinta dal cromosoma e spesso è suddivisa in sotto regioni. Quindi una prima importante divisione può essere fatta tra i cromosomi monocentrici, in cui una regione particolare del centromero interagisce con i microtubuli  e quindi i cromosomi si muovono verso i poli in anafase seguendo il centromero, e  i cromosomi olocentrici nei quali i microtubuli si legano lungo tutto il cromosoma. In questo caso ancora non si è riuscito a capire se questi due modelli cromosomici (monocentrico e olocentrico) hanno un origine convergente, ossia si sono evoluti insieme, oppure se il modello olocentrico sia quello ancestrale. Comunque, negli organismi fin ora studiati, al centromero c'è una proteina, insieme all'istone H3, che ha le caratteristiche di quest'ultimo ma non è H3 e viene chiamata per questo CENP-A o CEN-H3. Quest'ultima si riscontra verso l'esterno della regione centromerica mentre l'istone H3 verso l'interno; quindi bisogna immaginare il DNA centromerico legato a queste proteine. Comunque, diversi studi suggeriscono che il centromero è la regione di DNA che assicura la stabilità genetica ed è quindi di vitale importanza. Le proteine centromeriche e i domini strutturali, anche nei cromosomi olocentrici, sono altamente conservati nonostante le sequenze di questo tipo di  DNA  siano altamente variabili e non conservate. Si è visto , inoltre, che l'identità centromerica non è determinata dalle sequenze di DNA ripetuto, ma esiste un controllo epigenetico (ossia qualsiasi cambiamento ereditabile a livello dei cromosomi non imputabile ad un cambiamento avvenuto nella sequenza di DNA) che governa il macchinario molecolare del centromero, come quello che controlla la messa insieme e la propagazione del centromero (ossia come viene ereditato l'apparato che costituirà il centromero delle cellule figlie) dopo la replicazione del DNA. Tutto questo è importante perché se vi sono aberrazioni o alterazioni del numero cromosomico le cellule non sono più vitali.
In generale, il centromero di un eucariote superiore può contenere da centinaia a migliaia di kilobasi di sequenze di DNA ripetute in tandem. Queste sequenze però non sono responsabili dell'organizzazione del centromero, infatti si è visto che in cromosomi umani isodicentrici, ossia con i due bracci cromosomici uguali e due regioni centromeriche identiche, ma separate da DNA, hanno un solo  centromero attivo dimostrando, appunto, che non è la sequenza di DNA la sola responsabile dell'organizzazione del centromero ma per essere funzionale la costrizione primaria ha bisogna di altri meccanismi, come appunto quello epigenetico. Inoltre, si è osservato che neocentromeri funzionali possono apparire ex novo a partire da DNA non centromerico su cromosomi umani e di Drosophila melanogaster indicando che l'assemblaggio del cinetocore può avvenire anche a carico di un numero di sequenze genomiche diverse da quelle prettamente centromeriche. Infine, quando è stato possibile sequenziare i genomi, si è visto che il satellite minor, riscontrato nel topo, manca del centromero del cromosoma Y e quindi non è fondamentale per la corretta segregazione. Per quanto riguarda i cromosomi umani, invece, si è visto che le regioni centromeriche sono costituite da sequenze di DNA ripetuto in tandem, quindi numerosi ricercatori , per approfondire le conoscenze su queste sequenze, hanno cercato di rompere il DNA cromosomico centromerico del cromosoma Y, essendo il più piccolo e di facile manipolazione. Per fare questo si è usato il DNA telomerico che è costituito da sequenze ripetute con l'ordine TTAGG. Queste sequenze si trovano all'estremità e assicurano che il DNA replichi in modo corretto e le estremità non diventino appiccicaticce. Se si introducono delle sequenze telomeriche all'interno del cromosoma, nella regione in cui è stata inserita la sequenza il DNA si rompe e il cromosoma viene spezzato in due. Quindi si è utilizzato il DNA telomerico per rompere il cromosoma Y nelle sequenze alfoidi centromeriche e ottenere due cromosomi, ciascuno formato da un braccio corto con 140 kb di DNA alfoide e un braccio lungo con 480 Kb di DNA alfoide. Quest'ultimi hanno un numero ridotto di sequenze alfoidi ma continuano a segregare correttamente in mitosi. Successivamente utilizzando quest'ultimi cromosomi si è cercato di effettuare una ricombinazione omologa utilizzando dei plasmidi che contenevano brevi ripetizioni di DNA α satellite e delle sequenze telomeriche per dividere ulteriormente la regione centromerica in maniera tale da aumentare la precisione del taglio delle regioni di DNA alfoide centromerico e capire se anche in questo caso i cromosomi continuavano a segregare correttamente. Infatti, si è visto che nelle generazioni successive, le sequenze alfoidi anche in numero inferiori riuscivano a mantenere l'identità e quindi a segregare in maniera corretta e a ricostituire le parti centromeriche, rese visibili da marcatori. Quindi dedussero che le sequenze alfoidi sono importanti ma non fondamentali per la corretta segregazioni. S
Quando si è visto che non c'era una sequenza con senso di DNA le ricerche si sono spostate ovviamente su proteine o simili che assicurassero la funzionalità al centromero. E come spesso succede le informazioni più importanti sono state fornite da organismi o individui che hanno delle mutazioni. Infatti, nel 1988 si vide che in pazienti affetti da una malattia autoimmune definita “crest” possedevano nel loro siero una serie di anticorpi anti-centromero, che non si riscontravano negli individui sani. Si è quindi, inseguito individuata la prima proteina centromerica, CENP-A e successivamente tutte le altre proteine identificate finora (CENP-B, CENP-C, CENP-G e CENP-H), che sono specifiche per il centromero. Tre di queste proteine hanno la capacità di legarsi proprio al DNA centromerico e inoltre gli studi fatti hanno permesso di evidenziare in ruolo principale della proteina CENP-A nell'assemblaggio di centromeri funzionalmente attivi e quindi dell'identità centromerica. Iniziamo ora l'analisi dei centromeri dei maggiori organismi modello. Il centromero Saccharomyces cerevisiae è stato il primo ad essere studiato ed è stato il primo ad essere utilizzato per costruire cromosomi artificiali di lievito. Esso presenta centromeri puntiformi costituiti da una sequenza conservata di 125 bp composta da tre elementi (CDEI, CDEII e CDEIII) in grado di organizzare le proteine centromeriche in un cinetocore citologicamente però invisibile. CDEII è la regione centrale del centromero chiamata anche core ed che è costituita da 78-86 bp, è ricca in AT (più del 90%) ed è  fiancheggiata dalle sequenze conservate CDEI e CDEII. Quindi il DNA centromerico è contenuto in un segmento di 220 bp protetto dal taglio delle nucleasi in cui si legano i microtubuli.
Schizosaccaromyces pombe, invece,  che è poco più evoluto del precedente, ha un centromero di 40-100 kb molto più complesso e condivide molte caratteristiche con le regioni centromeriche eucariotiche. La sequenza centrale del core è di circa 4-5 kb, costituita da DNA non ripetuto ma fiancheggiata da diverse classi di grandi ripetizioni organizzate in orientamento invertito. Inoltre, l'assemblaggio completo dell'eterocromatina viene mediato da RNAi (interfering), che richiede il complesso RNA-induced Initiation Transcriptional Silencing (RITS) e una polimerasi Rdp1 (RNA-dipendente). L'RNAi sono normalmente delle piccole sequenza di interfering RNA (siRNA) che possono interrompere il processo di traduzione dell'mRNA o guidare la degradazione dell'mRNA. Quindi viene chiamato silenziamento post trascrizionale del gene (PTGS, Post Transcriptional Gene Silencing) oppure inibire la trascrizione (TGS, Transcriptional Gene Silencing). Negli ultimi anni, si è visto che nell'assemblaggio dell'eterocromatina mediato da RNAi, lo siRNA favorisce  e mantiene il corretto posizionamento della cromatina nelle regioni pericentromeriche, quindi fa sì che la regione centromerica dei due cromatidi rimanga assemblata insieme e si possano formare bene i cinetocori e quindi l'assemblaggio delle fibre del fuso. Meccanismi simili sono stati descritti anche per l'eterocromatina centromerica dei cromosomi umani, di topi e di cellule di pollo. In Drosophila, l'RNAi direziona la formazione dell'eterocromatina centromerica, come in S. pompe, per questo su può dire che la modificazioni della cromatina dirette dall'RNAi è un fenomeno comune negli eucarioti.
Il DNA centromerico di Neurospora Crassa è lungo circa 400 Kb ed è costituito da lunghe ripetizioni, alcuni simili a retrotrasposoni. In Caenorhabditis elegans, invece, assistiamo al fenomeno dei cromosomi olocentrici, cioè in grado di assemblare il cinetocore lungo l'intera lunghezza quindi senza una sequenza determinante specifica per il centromero. Arabidopsis thaliana presenta regioni centromeriche che variano in lunghezza tra i 550 ed i 1260 Kb e contengono sequenze ripetute in tandem di circa 180 bp. Queste ripetizioni, al contrario di quelle che si trovano nei mammiferi, sono trascritte e vengono processate formando siRNA (small interfering) che  conferiscono a questa regione la funzionalità di centromero. In Drosophila melanogaster, per definire la regione centromerica hanno usato lo stesso metodo utilizzato con il cromosoma Y umano, e hanno ottenuto un minicromosoma definito Dp1187 lungo 1,3 Mb e derivato dal cromosoma X. In centromero è costituito una parte centrale che contiene DNA satellite di 5 bp ed elementi trasponibili, e fiancheggiato da altre sequenze ripetute. Mus musculus, invece, ha centromeri che sono costituiti da sequenze di DNA ripetuto in tandem di 120 bp chiamato “satellite minor” il quale occupa circa 300 Kb in ogni cromosoma ad eccezione del cromosoma Y in cui è assente. Le ripetizioni di 120 bp contengono una regione di 17 bp chiamata CENP-B box, presente anche nei primati, compreso l'uomo, e importante per il legame con la proteina centromerica CENP-B. Infine, i Primati contengono nella regione centromerica DNA alfoide chiamato anche α satellite ed è costituito da una sequenza di 171 bp ripetuta in tandem circa 10.000 volte (molto grande) in tutti i centromeri dei primati incluso l’uomo, di queste 57 bp altamente conservate e omologhe in tutte le coppie cromosomiche. La parte rimanente è molto variabile ed è diversa nei vari cromosomi e quindi è utile per distinguerli. Il numero più basso di ripetizioni è presente nel cromosoma Y umano (circa 200Kb). Il numero di ripetizioni non è importante per le funzioni del centromero, infatti, il numero di sequenze che si ritrovano nelle regioni pericentromeriche possono essere presenti in numero variabile e costituiscono quelle che vengono chiamate varianti morfologiche (di solito cromosomi più grandi hanno più ripetizioni). La regione centromerica (array-schiena) è costituita da monomeri di 171 bp, ai lati, invece, troviamo sia sequenze di DNA α satellite che sequenze ripetute in tandem di vario tipo, tra cui le sequenza SINE (shorts, corti inter-spersi elementi ripetuti) e LINE (longs, lunghi). A parte quest'ultime sono presenti altre sequenze ripetute e altre sequenze satellite, per esempio, sul cromosoma 9 umano nella regione pericentromerica esiste il satellite β (ripetizioni di 68 bp) e questa è una di quelle regioni che sono morfologicamente variabili e la loro maggiore o minore estensione non ha effetti fenotipici.

Tratto da CITOGENETICA di Domenico Azarnia Tehran
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