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Storia della virologia

La virologia è spesso considerata come una “nuova” disciplina della biologia; se questo è vero per quanto concerne il formale riconoscimento dei virus come organismi distinti dagli altri esseri viventi, tuttavia oggi sappiamo che i popoli antichi non soltanto non furono risparmiati dagli effetti delle infezioni virali, ma che, in alcuni casi ricercarono attivamente anche le cause e i mezzi per la prevenzione. E' probabile che il primo documento scritto riguardante un'infezione virale sia rappresentato da un geroglifico, trovato in Egitto, del 3700 a.C., che mostra un sacerdote con tipici segni di un paziente guarito dalla poliomelite paralitica. Si ritiene, inoltre, che anche il faraone Ramses V, che morì nel 1196 a.C., sia deceduto a causa del vaiolo. In Cina, invece, dove il vaiolo è stato endemico fin dal 1000 a.C., per contrastare questa malattia fu sviluppata la pratica della vaiolizzazione. Avendo riconosciuto che i sopravvissuti alle epidemie di vaiolo erano protetti da successive infezioni, i cinesi usavano inalare, come fosse tabacco da fiuto, le croste secche prelevate dalle lesioni vaiolose o, come in pratiche successive, inoculare il pus prelevato da una lesione in una scalfittura praticata sull'avambraccio. La vaiolizzazione, sebbene sempre rischiosa, poiché il risultato dell'inoculazione non era mai sicuro, fu praticata per secoli dimostrandosi un efficace mezzo di prevenzione della malattia. Edward Jenner, all'età di 7 anni, rischiò la vita a causa della vaiolizzazione e non sorprende che tale esperienza l'abbia spinto alla ricerca di trattamenti alternativi più sicuri. Egli aveva notato che le mungitrici che vivevano nella sua contea e che avevano contratto una malattia non grave, chiamata vaiolo bovino, non si ammalavano di vaiolo persino quando era presente in forma epidemica nella loro comunità. Allora, Jenner, il 14 Marzo 1796, usò materiale infettato con il virus del vaiolo bovino per vaccinare un bambino di 8 anni. Dopo pochi mesi, inoculò deliberatamente lo stesso bambino con materiale da un caso di vaiolo umano e vide con grande scalpore che la malattia non si sviluppò. Da questo esperimento è derivato il termine vaccinazione (dal latino vacca=mucca). Bisogna ricordare, però, che il virus del vaiolo è uno dei virus più grandi e che il vaiolo bovino non è della stessa specie del vaiolo umano. Il vaccino di Jenner era basato sul virus del vaiolo bovino (cowpox virus). L'attuale vaccino è basato sul virus vaccinico, una nuova specie, geneticamente diversa, emersa come conseguenza dei passaggi, uomo-uomo o mucca-mucca. Nel 1885 fu generato, da Louis Pasteur, il primo vaccino antivirale attenuato contro la rabbia, sebbene egli ignorasse completamente la natura dell'antigene infettivo. Quando si parla di vaccino attenuato si parla di un virus vivo in grado di riprodursi, tuttavia la sua progenie virale non avrà caratteristiche patogene evidenti, ossia non si osservano i sintomi della malattia. Pasteur attenuò il virus della rabbia propagando il virus in questione più volte nei conigli finchè osservò che questi animali non manifestavano, in parte, i sintomi evidenti della malattia, ossia avevano una sua forma blanda.
Nel 1892, il botanico russo Dimitri Iwanowski dimostrò che estratti derivati da piante di tabacco ammalate, anche dopo passaggi attraverso filtri di ceramica capaci di trattenere anche i più piccoli batteri conosciuti, potevano trasmettere malattie ad altre piante. Sfortunatamente egli non comprese appieno il significato di questi risultati e fu Martinus Beijerinck che per primo, alcuni anni dopo, sviluppò la moderna concezione sui virus, che definì con il termine contagium vivum fluidum (un agente vivente solubile). Successivamente, nel 1898, Freidrich Loeffler e Paul Frosh dimostrarono che un agente con caratteristiche simili era responsabile dell'afta epizooitica nei bovini ma, nonostante la conferma che questi nuovi agenti fossero causa di malattia negli animali e nelle piante, nessuno accettava l'idea che potessero provocare malattie anche nell'uomo. Queste perplessità furono superate nel 1909 quando Karl Landsteiner ed Erwin Popper dimostrarono che la poliomelite era causata da un agente filtrabile; fu così riconosciuto per la prima volta che una malattia umana potesse essere causata da un virus.  Nel 1915, Federick Twort e Felix d'Herelle furono i primi a scoprire i virus che infettano i batteri, che d'Herelle chiamò batteriofagi (“mangiatori di batteri”). Nel 1930 e nei decenni successivi, scienziati pionieri della virologia, quali Salvador Luria, Max Delbruck e molti altri, utilizzarono questi virus come sistemi modello per studiare diversi aspetti come la struttura, la genetica e le modalità di replicazione dei virus.

Tratto da ELEMENTI DI VIROLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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