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Esperimenti fondamentali per comprendere la fotosintesi

Per stabilire l'equazione chimica generale della fotosintesi furono necessarie diverse centinaia di anni e il contributo di numerosi scienziati. Solo alla fine del diciannovesimo secolo, le reazione generale della fotosintesi poteva essere scritta nel modo seguente:
6 CO2 + 6 H2O →Luce,pianta→  C6H12O6 + 6 O2
Le reazioni chimiche della fotosintesi sono complesse; sono state identificati almeno 50 composti intermedi e quasi sicuramente ne saranno ancora scoperti. Le prime dimostrazioni sulle reazioni chimiche vennero nel 1920 da indagini su batteri fotosintetici che non sviluppavano ossigeno come prodotto finale. Da questi studi si concluse che la fotosintesi è un processo di ossidoriduzione. L'utilizzo degli spettri d'azione è stato un punto centrale per lo sviluppo delle attuali conoscenze sulla fotosintesi. Uno spettro d'azione è la rappresentazione grafica della grandezza dell'effetto biologico che si osserva in funzione della lunghezza d'onda. Per esempio, uno spettro d'azione per la fotosintesi può essere costruito da misure dello sviluppo di ossigeno a differenti lunghezze d'onda. Alcuni fra i primi spettri dazione furono misurati da T.W. Englemann alla fine del 1800. Questo scienziato utilizzò un prisma per suddividere la luce in un arcobaleno di colori che era orientato su un filamento d'alga. Venne quindi introdotta nel sistema una popolazione di batteri che utilizzavano O2. I batteri si accumularono nelle regioni dei filamenti che sviluppavano la maggior parte dell'O2. Queste regioni erano quelle illuminate dalla luce blu e da quella rossa, che sono fortemente assorbite dalla clorofilla. Comunque, una parte dell'energia luminosa assorbita dalla clorofilla e dai carotenoidi è alla fine accumulata sotto forma di energia chimica, attraverso la formazione di legami chimici. Questa conversione di energia da una forma all'altra è un processo complesso che dipende dalla cooperazione fra un gran numero di molecole di pigmenti e un gruppo di proteine che trasferiscono elettroni. La maggior parte dei pigmenti funge da complesso antenna, captando la luce e trasferendo l'energia al complesso del centro di reazione, dove avvengono le reazioni chimiche che portano all'accumulo a lungo termine dell'energia. Nel 1932 Robert Emerson e William Arnold misero a punto un classico esperimento che fornì la prima prova della cooperazione di numerose molecole di clorofilla nella conversione dell'energia durante la fotosintesi. Essi fornirono dei lampi di luce molto brevi a una sospensione di alghe verdi e misurarono la quantità di ossigeno prodotto. Variando poi l'energia dei lampi scoprirono che ad alta intensità, quando veniva fornito un lampo ancora più intenso, la produzione di ossigeno non aumentava: il sistema fotosintetico era cioè saturo di luce. Nei loro esperimenti sulla reazione fra la produzione di ossigeno e l'energia del lampo misurata, questi due scienziati furono sorpresi nel constatare che in condizioni saturanti veniva prodotta una sola molecola di ossigeno per ogni 2500 molecole di clorofilla presenti nel campione. Oggi sappiamo che numerose centinaia di pigmenti sono associati ad ogni centro di reazione e che ogni centro di reazione deve funzionare per quattro volte per produrre una molecola di ossigeno, da qui il valore di 2500 molecole di clorofilla per ogni molecola di ossigeno. I centri di reazione e la maggior parte dei complessi antenna sono componenti integranti delle membrane fotosintetiche. Nelle piante queste membrane si trovano all'interno del cloroplasto; mentre nei procarioti fotosintetici il sito della fotosintesi è la membrana cellulare o le membrane che derivano da essa. Il grafico ottenuto da Emerson e Arnold, ci permette di calcolare un altro importante parametro delle reazioni alla luce della fotosintesi, la resa quantica. La resa quantica di un processo è definita come:            
Φ = numero dei prodotti fotochimici / numero totale di quanti assorbiti = (da 0 a 1)
E' importante capire, inoltre, che l'equilibrio della reazione chimica descritta per la fotosintesi è ben lontano dalla direzione in cui vanno i reagenti. La costante di equilibrio è vicinissima allo zero per questo non si può mai formare una molecola di glucosio spontaneamente a partire da H2O e CO2. L'energia richiesta per portare a termine la reazione fotosintetica proviene dall luce. Per portare a termine la reazione sono richiesti circa 9 o 10 fotoni di luce. Comunque, il processo generale della fotosintesi è una reazione chimica redox nella quale gli elettroni sono rimossi da una specie chimica, ossidandola, e aggiunti ad un'altra specie chimica, riducendola. Oggi sappiamo che durante il funzionamento normale del sistema fotosintetico la luce riduce la nicotinammide-adenina dinucleotide fosfato (NADP), che a sua volta serve come agente riducente per la fissazione del carbonio nel ciclo di Calvin. Durante il flusso elettronico che va dall'acqua fino al NADP viene anche formato ATP, che viene anch'esso impiegato per la riduzione del carbonio. Le reazioni chimiche nelle quali l'acqua si ossida a ossigeno, il NADP viene ridotto e l'ATP viene formato, sono generalmente conosciute con il termine di reazioni tilacoidali, poiché avvengono nei tilacoidi. Le reazioni della fissazione e riduzione del carbonio sono dette reazioni stromatiche poiché avvengono nella zona acquosa del cloroplasto, lo stroma. Comunque, fino alla fine degli anni '50 numerosi esperimenti resero perplessi gli scienziati che studiavano la fotosintesi. Uno di questi esperimenti, condotti da Emerson, fu la misura della resa quantica (Φ) della fotosintesi in funzione della lunghezza d'onda, che rilevò la presenza di un effetto conosciuto col nome di caduta del rosso. Questo scienziato notò che se la resa quantica è misurata per le lunghezze d'onda alle quali la clorofilla assorbe la luce i valori che si possono trovare nella maggior parte dello spettro risultano essere incredibilmente costanti, indicando che ogni fotone assorbito dalla clorofilla o da altri pigmenti ha un'efficacia tale e quale a qualsiasi altro fotone in grado di portare a termine la fotosintesi. Comunque, nella parte estrema della zona del rosso dell'assorbimento della clorofilla (>680 nm), la resa scende drasticamente, quindi questa lunghezza d'onda non era sufficiente a portare avanti la fotosintesi. Altri risultati sperimentali che davano perplessità furono quelli attribuiti all'effetto di amplificazione, anche questo scoperto da Emerson. Egli misurò la velocità della fotosintesi separatamente con luce a due lunghezze d'onda differenti, utilizzando poi i due raggi simultaneamente. Quando venivano fornite contemporaneamente la luce rossa e quella rosso lontano la velocità fotosintetica che si otteneva era superiore alla somma delle velocità ottenute individualmente.
Queste e altre osservazioni portarono alla scoperta che due complessi fotochimici, noti ora come fotosistema I e II (PSI e PSII) operano in serie per portare a termine le prime reazioni fotosintetiche per l'accumulo dell'energia. Il fotosistema I assorbe preferibilmente la luce nel rosso lontano a lunghezze d'onda superiori a 680 nm ed è localizzato quasi esclusivamente nelle lamelle stromatiche e sui bordi delle lamelle del grana (insieme all'ATPasi), mentre il fotosistema II assorbe preferibilmente la luce rossa di 680 nm ed è stimolato molto poco dalla luce del rosso lontano, è localizzato prevalentemente nelle zone appressate delle lamelle del grana. Questa dipendenza dalla lunghezza d'onda spiega l'effetto di amplificazione e l'effetto della caduta del rosso. Un altra differenza fra i sistemi è che: 1) il fotosistema I produce un forte agente riducente, capace di ridurre il NADP+ , e un debole agente ossidante; 2) il fotosistema II produce un forte agente ossidante, in grado di ossidare l'acqua, e un debole agente riducente rispetto a quello prodotto dal fotosistema I. La rappresentazione schematica della fotosintesi, detta schema a Z, rappresenta la base per la comprensione della fotosintesi. Esso tiene conto del funzionamento di due fotosistemi (I e II) fisicamente e chimicamente distinti, ognuno con i propri pigmenti antenna e centri di reazione fotochimici. I due fotosistemi sono legati da una catena di trasporto degli elettroni. C'è da dire inoltre, che in tutti gli organismi fotosintetici che contengono sia clorofilla a sia la clorofilla b le proteine antenna più abbondanti sono membri di una grande famiglia di proteine. Alcune di queste proteine sono associate principalmente al fotosistema II e sono definiti complesso II per la cattura della luce (LHCII); altre sono associate al fotosistema I e sono definite proteine LHCI. È stata determinata la struttura di una delle proteine LHCII e consiste di tre regioni α-elica e lega 14 molecole di clorofilla a e clorofilla b e quattro carotenoidi. La struttura delle proteine LHCI non è simile a quella delle proteine LHCII. La luce assorbita dai carotenoidi o dalle clorofille b nelle proteine LHC è rapidamente trasferita alla clorofilla a e quindi ad altri pigmenti antenna strettamente associati al centro di reazione.
Ricapitolando, la luce rossa assorbita dal fotosistema II produce un forte ossidante e un debole riducente. La luce del rosso lontano assorbita dal fotosistema I produce un debole ossidante e un forte riducente. Il forte ossidante generato dal PSII ossida l'acqua, mentre il forte riducente prodotto da PSI riduce il NADP+. P680 e P600 sono riferiti alle lunghezze d'onda del massimo di assorbimento delle clorofille nei centri di reazione rispettivamente del PSII e del PSI.

Tratto da FISIOLOGIA VEGETALE di Domenico Azarnia Tehran
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