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Diaspore e migrazioni, deportati e rifugiati

Gli spostamenti di popolazioni hanno caratterizzato l’intera storia.
NB: non si parla tanto delle popolazioni nomadi, ma di interi popoli, o parte di essi, che hanno abbandonato la propria terra per diverse ragioni.
Da un verbo greco che significa “seminare”, si chiama diaspora il fenomeno per cui un popolo un tempo riunito in un solo paese, considerato sua patria, emigra in più direzioni e si disperde in diversi paesi del mondo.
Esempi:
diaspora del popolo ebraico: cominciata già in tempi molto antichi come migrazione volontaria di gruppi di mercanti, divenne abbandono di massa della propria terra dopo la conquista romana della Palestina (I secolo d.C.) ed ebbe un’ulteriore accelerazione dopo la conquista araba (VII secolo). Vicende spesso tragiche, di violenze e persecuzioni, portarono gli ebrei a spostarsi molte volte nella Spagna musulmana, in Russia, nell’Europa centro-orientale, nell’Impero ottomano, in Palestina, negli USA
diaspora dei Palestinesi: vasto e drammatico esodo al tempo della Prima guerra arabo-israeliana e della fondazione dello Stato d’Israele (1947-49)
diaspora degli Armeni: vivono dispersi in numerose comunità. Anche gli Armeni devono la loro diaspora non solo e non tanto a un’antica vocazione mercantile, quanto alle persecuzioni subite ad opera dei Turchi dell’Impero ottomano, in quella che era la loro terra d’origine
diaspora degli Zingari (noti anche come Zigani, Gitani, Bohémiens, Rom): ha origine da un antico nomadismo di questo popolo originario dell’India nord-occidentale. Tuttavia, troviamo anche qua delle persecuzioni, più grave fra tutte quella attuata dai nazisti. È difficile valutare quanti siano oggi, perché molti si sono sedentarizzati e assimilati in vari paesi. Le comunità più numerose si trovano in Romania, Spagna, Ungheria, negli stati sorti dalla disgregazione della Iugoslavia e dell’Unione Sovietica
diaspora dei Libanesi: sono sparsi nel mondo in un numero all’incirca uguale a quello degli abitanti del Libano. Nell’ultimo secolo sono stati spinti a migrare da guerre civili e disordini che hanno spesso tormentato il loro paese. Sono oggi numerosi negli USA, Argentina, Brasile, Australia, Francia, Africa occidentale
con i Vietnamiti e i Coreani ci troviamo di fronte non più a diaspore vere e proprie, ma a grandi migrazioni legate, a seconda dei casi, alla ricerca di maggiori possibilità lavorative, alla fuga da conflitti o da regimi politici oppressivi o a deportazioni vere e proprie (es.: quella attuata dai giapponesi a danno dei coreani negli anni ’30).

Le migrazioni per lavoro hanno caratterizzato un po’ tutto il mondo nell’ultimo secolo e mezzo. Paesi come gli USA o l’Argentina o l’Australia si sono formati grazie all’immigrazione. Un caso particolarmente drammatico fu, alla metà dell’800, la partenza per l’America di 2 milioni e mezzo di irlandesi, in fuga da una terribile carestia.
Ma anche l’Italia fornì alle Americhe e all’Europa occidentale milioni di emigranti, fino a tempi assai recenti.
Negli ultimi anni, l’intera Europa è sottoposta a una forte pressione migratoria da parte di popoli asiatici e africani: soprattutto turchi in Germania, algerini e altri nordafricani in Francia. Dopo la caduta del muro di Berlino e la crisi dei regimi comunisti, all’immigrazione afroasiatica verso l’Europa si è aggiunta quella proveniente dai paesi dell’Est europeo.
Forti pressioni migratorie per lavoro si rivolgono verso gli USA ad opera soprattutto di asiatici lungo la costa del Pacifico e di messicani da sud-ovest. L’Australia è tuttora terra di immigrazione: non più tanto di provenienza europea, quanto asiatica. Pakistani, egiziani, bangladeshi, … cercano invece lavoro nei ricchi stati petroliferi della penisola araba e del Golfo persico.
In generale, negli ultimi tempi, i governi cercano di frenare l’immigrazione, fissando una quota massima. Si fa strada, soprattutto in Europa, la preoccupazione per le tensioni sociali, etniche, religiose, che un aumento eccessivo del numero degli immigrati può produrre, e in molti casi ha già drammaticamente prodotto.

Un caso differente da quello delle migrazioni per lavoro è quello rappresentato dalle migrazioni forzate, che possono anch’esse avere origini diverse, come guerre, mutamenti di frontiere, persecuzioni a sfondo etnico o religioso.
Esempi:
nel 1945, subito dopo la Seconda guerra mondiale, 12 milioni di tedeschi dovettero abbandonare i paesi dell’Europa centrale e orientale dove vivevano
in anni recenti, la tragedia dell’ ex-Iugoslavia ha comportato l’abbandono delle proprie case per centinaia di migliaia di persone
nel 1947, la divisione in 2 fra India e Pakistan nel momento dell’indipendenza, provocò l’abbandono delle proprie case da parte di 6 milioni di persone
Gli spostamenti forzati di popolazioni sono, soprattutto nel Terzo Mondo, una tragedia ricorrente. Alla loro origine si possono trovare cause diverse:
1. molti paesi del Terzo Mondo sono stati dilaniati da guerre civili, a loro volta originate da ragioni politiche e sociali, da conflitti etnici o tribali, spesso anche da rivalità fra le potenze. In molti di questi casi masse ingenti di popolazioni sono state costrette a spostarsi per sottrarsi alla minaccia continua dei combattimenti e dei massacri.
ES: Afghanistan, Etiopia, Somalia, Sudan, Mozambico, curdi, Vietnam, Cambogia, Libano, America centrale
2. in molti casi vasti spostamenti di popolazione sono determinati dalla vittoria militare di un partito o di una fazione, da un colpo di stato o comunque dall’affermarsi di un regime politico autoritario, che mettono in atto vaste persecuzioni di minoranze politiche, etniche o religiose.
ES: Vietnam, che non seppe attuare una politica di pacificazione dopo la propria indipendenza, Cambogia, dove la vittoria dei Khmer rossi condusse a massacri inauditi e alla fuga di migliaia di persone verso i paesi confinanti
3. molto spesso, più cause si uniscono a provocare una tragedia o ad aggravarla.
ES: l’intera fascia a sud del deserto sahariano (il Sahel) è stata interessata negli ultimi anni da spostamenti in massa di popolazioni in fuga dalla fame e dalle carestie prodotte dalla siccità; nel Corno d’Africa alla carestia si sono aggiunte guerre fra stati (fra Etiopia e Somalia) e guerre civili all’interno di entrambi i paesi
4. a volte, le deportazioni forzate di popolazioni vengono utilizzate da governi autoritari per motivi di ordine politico, economico o sociale.
ES: spostamenti forzati voluti dal governo sovietico per popolare e colonizzare l’Asia centrale e la Siberia, sfruttandone le terre vergini e le risorse minerarie; negli anni ’70 la Nigeria conobbe un vero boom economico, connesso alla produzione del petrolio: attratti dalle possibilità di lavoro e guadagno che si presentavano, molti africani emigrarono in Nigeria dai paesi circostanti. All’inizio degli anni ’80, il calo improvviso del prezzo del petrolio provocò una grave crisi per l’economia nigeriana e il governo adottò alcuni provvedimenti di emergenza, tra cui l’espulsione immediata degli immigrati; negli ultimi anni è emersa, soprattutto in Africa, la tendenza a spostare le popolazioni da zone esposte alla desertificazione verso regioni dal clima più favorevole, allo scopo di prevenire l’esplodere di grandi carestie e di proteggere il suolo da processi di erosione progressiva. Spesso, però, le terre di nuovo insediamento si rivelano poco favorevoli alle coltivazioni, il che si risolve in nuovi drammi per la gente e in altri guasti all’ambiente (→ Etiopia, Indonesia)

Secondo dati riferiti nel 1993, le persone assistite in tutto il mondo dall’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati erano circa 20 milioni, fra cui il gruppo più consistente era quello rappresentato dagli afghani.
Le persone considerate ufficialmente rifugiati sono, probabilmente, meno della metà del totale di coloro che sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Non rientrano infatti in questo numero:
i profughi per ragioni economiche, spinti cioè ad abbandonare il proprio paese dalla miseria, dalla fame e dalla malnutrizione
le popolazioni, anche assai numerose, costrette a spostarsi ma rimanendo all’interno delle frontiere del proprio paese
Si è calcolato che, comprendendo anche questi casi, il numero di rifugiati aumentasse dai 20 milioni ufficiali ai 50 milioni.
Con l’eccezione dell’ex-Iugoslavia e di alcuni stati dell’Est europeo (es.: Albania), i principali flussi migratori sono localizzati nel Terzo Mondo, e i profughi trovano per lo più riparo in paesi vicini, altrettanto poveri di quelli d’origine  i rifugiati vivono in condizioni di estrema precarietà, abitano in campi di raccolta spesso privi, o quasi, di garanzie igieniche e sono quindi sottoposti anche al rischio di malattie. Sopravvivono, essenzialmente, grazie all’assistenza internazionale.

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Elisa Bertacin
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