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Lo studio delle forme di governo in Aristrotele


12.8 Aristotele compie uno studio comparato (perduto) delle costituzioni, e le raccoglie nei modelli di monarchia, aristocrazia e politia, con le relative degenerazioni tirannide, oligarchia, demagogia, più altre varie sottospecie che completano l’analisi. Egli finisce per preferire una costituzione aristocratica, poiché la moltitudine è incapace di vivere secondo virtù dal momento che non conosce il senso del limite (fondamentale nella polis, considerata quasi alla stregua di un organismo vivente con i limiti a lei propri).

12.9 Aristotele propone un ideale di diseguaglianza giustificato in base ad argomenti riferiti alla natura, che lo portano a riconoscere la schiavitù come un fatto naturale, al contrario dei Romani, per i quali essa è un fatto puramente giuridico. Distinzioni fondamentali: Greci/barbari, padroni/schiavi.

12.10 In un sistema che vede la vita privata orientata al tutto della polis, è chiaro che la pedagogia non può essere svolta dai privati, ma dallo Stato, poiché l’educazione deve garantire la stabilità ed è lo strumento migliore per far durare una costituzione: non è strumento di critica politica, ma strumento per i governi.

12.13 La concezione aristotelica di diseguaglianza sociale, che pone una sorta di “gerarchia fra le intelligenze” (ricondotta alla natura, che stabilisce chi è libero e chi è schiavo), non può certo portare all’istituzione di una res publica come quella ciceroniana, cioè come governo del popolo (fondato sull’uguale ragione fornita a tutti gli individui).

12.16 In Aristotele il ruolo dell’individuo esce sempre mortificato, innanzi tutto perché il ruolo dell’educazione è rimesso nelle mani dello Stato, in una sorta di politicizzazione della morale da cui Popper mette in guardia.

12.17 Le posizioni aristocratiche di Aristotele, seppur non evidenti come quelle di Platone, emergono con forza nei consigli che egli dà agli oligarchi: consigli a volte assimilabili a quelli di Machiavelli al Principe, ispirate a una forma di realismo politico indirizzato al mantenimento del potere e ad evitare contrasti col popolo, affinché il governo possa durare il più possibile. La concezione aristotelica si inscrive in un clima filo-aristocratico che ha trovato massima espressione in Platone, che opponeva la cultura “pura” greca alle altre culture “bastarde”, temendo che il contatto fra popoli stranieri potesse corrompere la civiltà greca. Sono posizioni lontanissime dall’apertura al mondo tipica della cultura romana.

Tratto da LA SOCIETÀ APERTA E I SUOI AMICI di Luca Porcella
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