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La rivoluzione francese


Sia la vita economica e sociale sia la vita politica sono interessate nella seconda metà del 700 da alcune trasformazioni.
C’è un forte aumento di popolazione. Mutamenti si erano verificati negli assetti dell’agricoltura e nella distribuzione della proprietà terriera. Alla vigilia della rivoluzione meno di un terzo dei terreni apparteneva ai due ordini privilegiati: la nobiltà e il clero; professionisti e ceti non nobili avevano circa il 30%; il 40% apparteneva a contadini coltivatori diretti. Non c’era la servitù della gleba e le condizioni di vita delle popolazioni rurali erano migliorate.
Decime ecclesiastiche e diritti feudali pesavano sui bilanci delle famiglie
Alla vigilia della rivoluzione, il settore primario dell’economia francese, l’agricoltura, presentava i seguenti caratteri:
L’85% della popolazione viveva nelle campagne
Il settore mercantile dell’agricoltura era in espansione
Lo sviluppo dell’agricoltura non consentì lo sviluppo dell’accumulazione del capitale paragonabile a quella inglese.

L’espansione e la modernizzazione economica investirono la Francia nel 700: il commercio con l’estero aumenta del 200%; le infrastrutture furono modernizzate. Nonostante questo la Francia arrivò dopo l’Inghilterra alla rivoluzione industriale per iu seguenti motivi:
1. mancata integrazione tra agricoltura e industria
2. metodi di produzione arcaici nell’industria
3. limitazione della domanda interna
4. scarsa disponibilità di risorse minerarie come il carbone

dal punto di vista economico e sociale il mondo della nobiltà era assai composito. Costituiva l’1% della popolazione. Lo 0.5% della popolazione apparteneva al clero. Il Terzo Stato era il prodotto sociale della crescente articolazione politico-amministrativa, dell’espansione economica settecentesca e delle trasformazioni delle campagne e dei ceti urbani. Ne facevano parte gruppi legati al commercio internazionale, uomini d’affari, banchieri, personaggi dell’amministrazione dello stato, pubblici funzionari, professionisti come avvocati,  notai medici…
i comportamenti economici e sociali dei gruppi del Terzo Stato erano differenti e non avevano identità di classe. Le loro aspirazioni erano dirette verso il feudo e il titolo di nobiltà.

Nello stato di crisi che portò alla rivoluzione confluirono fattori diversi:
le tensioni interne alla società di ordini, le insoddisfazioni di una parte della nobiltà e del clero, esclusa dai livelli più alti del privilegio
il malcontento dei ceti popolari soprattutto parigini e dei contadini, colpiti prima dallo squilibrio tra aumento dei prezzi e crescita lenta dei salari, poi dalla crisi agraria del 1788-89
l’influenza delle idee illuministiche presso ceti intellettuali
l’arrretratezza del sistema politico rispetto ai fermenti in atto nell’economia e nella società.
La crisi politica e finanziaria della monarchia

L’erede di Luigi XV, Luigi XVI salito al trono nel 1774, reintegrava i parlamenti ma promuoveva anche una politica riformatrice affidandone la direzione a Jacques Turgot. Il suo piano di riforma prevedeva: la libera circolazione delle merci; l’abolizione delle corporazioni; il ridimensionamento dei diritti feudali nelle campagne; l’eliminazione del sistema dell’appalto delle imposte, l’istituzione di un’imposta fondiaria tesa a colpire la proprietà nobiliare ed ecclesiastica; la riduzione di pensioni e appannaggi pagati alla nobiltà di corte e all’alto clero.
Nobili, clero, parlamento e alleati indussero Luigi XVI ad allontanare Turgot.
L’impegno della Francia alla guerra d’indipendenza americana contribuì a dissanguare le finanze pubbliche. Il successore di Turgot alle finanze, Necker fece ricorso a un massiccio indebitamento pubblico non potendo operare sull’imposta fondiaria. Anche Necker fallì e venne allontanato nel 1781.
Nel 1783 fu nominato ministro Calonne che propose una serie di misure per l’assestamento del bilancio statale: un’imposta fondiaria proporzionale alla rendita; provvedimenti di liberalizzazione del commercio; creazione di una banca nazionale sul modello di quella inglese. Ci fu un’opposizione generale e fu richiesta la convocazione degli stati generali, non più riuniti dal 1614.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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