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Gli atteggiamenti


Di Giacomo condusse una ricerca sulla mobilitazione studentesca in Belgio, coinvolgendo 165 studenti universitari e rilevando le loro opinioni e il grado di accordo verso i punti principali sollevati dal comitato organizzatore.
Secondo i risultati, gli studenti mostrano ampio accordo con le posizioni promosse dal comitato (atteggiamento favorevole), si dichiarano disponibili ad agire (intenzione di agire) ma mostrano scarso senso di efficacia percepita affermando che le eventuali azioni non sarebbero utili a raggiungere l'obbiettivo.
La prima spiegazione della mancata mobilitazione, data dallo studio degli atteggiamenti, è che per passare all'azione non è sufficiente un atteggiamento favorevole verso un oggetto né l'intenzione di agire poiché gli atteggiamenti sono diversi dai comportamenti. Infatti l'atteggiamento è un costrutto introdotto per descrivere e spiegare i processi non osservabili.
Secondo l'approccio mainstream, le diverse impostazioni fanno riferimento all'idea che sia possibile identificare stati mentali e predisposizioni che appartengono all'individuo e che sono legati all'azione del singolo.
Il costrutto di atteggiamento ha avuto successo perché ha la sua rilevanza per aree di ricerca.
    

Teorie classiche sugli atteggiamenti

1. Teoria di Thomas e Znaniecki del 1918. L'oggetto della ricerca era il modo di vita di alcune comunità polacche in patria e sulla loro disgregazione (= diminuzione dell'influenza delle regole sociali di comportamento sui membri di un gruppo) in seguito all'emigrazione di alcuni membri.
Gli autori distinguono i concetti di:
• Valori sociali: qualsiasi dato che ha contenuto empirico accessibile ai membri di un gruppo e un significato per cui esso è o può essere oggetto di attività
• Atteggiamento: processo della coscienza individuale che determinano le attività dell'individuo nel modo sociale. L'atteggiamento è la contro parte individuale del valore sociale
• Attività: legame tra i valori sociali e l'atteggiamento
Gli atteggiamenti sono definiti come processi individuali che hanno una corrispondenza con l'azione e il tipo di legame è causale:
valore sociale → atteggiamento → azione
Ma gli atteggiamenti, oltre ad essere determinati dai valori, sono determinati anche dal modo in cui i valori si combinano con alcuni desideri umani di nuove esperienze, riconoscimento, dominio, sicurezza.
La definizione di Thomas e Znaniecki è molto ampia poiché riduce gli atteggiamenti a qualsiasi processo psicologico empiricamente osservabile (incluse le motivazioni, gli stimoli, le scelte, …). Ci sono così atteggiamenti economici, politici, sociali che corrispondono a valori condivisi dal gruppo circa le scelte economiche, politiche, sociali.

2. Teoria di Allport del 1935 secondo cui l'atteggiamento è uno stato di prontezza mentale e neurologica organizzato nel corso dell'esperienza, che esercita un'influenza direttrice o dinamica sulle risposte di un individuo ni confronti di ogni oggetto e situazione con cui entra in relazione.
L'atteggiamento non è direttamente osservabile, è una variabile tra lo stimolo (oggetto/evento) e la risposta (azione). 
Stimolo → atteggiamento → risposta
Nella definizione di Allport troviamo una visione individualistica del costrutto (l'atteggiamento è qualcosa che ogni singola persona ha, rintracciabile fino a un livello neurologico), l'idea che l'atteggiamento sia organizzato sulla base dell'esperienza e l'idea che esso influenzi le risposte individuali (ma non secondo un nesso causa-effetto).

3. Modello tripartito di Rosenberg e Hovland del 1960 secondo cui gli atteggiamenti sono costituiti da tre componenti:
• Cognitiva: l'insieme delle informazioni/credenze/conoscenze apprese circa un determinato oggetto e la valutazione di queste credenze
• Affettiva: l'insieme di emozioni/sentimenti suscitate da un determinato oggetto
• Comportamentale: l'intenzione di compiere determinate azioni suscitate da un determinato oggetto.
Tornando all'esempio degli studenti, loro avevano informazioni precise e valutazioni circa l'aumento delle tasse, provavano probabilmente amozioni negative e si dichiaravano disposti all'azione.
All'interno di questo modello tripartito nascono le metodologie che usano i questionari e le scale di misura per la valutazione degli atteggiamenti, si tratta di tecniche di misura che indagano in modo esplicito la conoscenza e la posizione individuale in merito a determinati temi di interesse, definendo poi l'atteggiamento dominante.

Negli anni Trenta nascono le scale di:
• Thurstone: fu il primo a proporre una procedura per tradurre un costrutto non osservabile in qualcosa di quantificabile o rappresentato in modo bipolare (da un lato un conetto, dall'altro il suo opposto)
• Likert: si proponeva di misurare gli atteggiamenti in base all'accordo/disaccordo mostrato dagli individui
Nel 1957 si studia il differenziale semantico costituito da un insieme di coppie i aggettivi separati dagli spazi che rappresentano una gradazione dall'uno all'altro. L'intervistato deve scegliere lo spazio tra ciascuna coppia di aggettivi che meglio rappresenta la su valutazione dell'oggetto. La scala misura tre diverse dimensioni di un costrutto/concetto: l'attività (comprende coppie di aggettivi di tipo attivo-passivo), la valutazione (comprende coppie di aggettivi del tipo buono-cattivo) e la potenza (comprende coppie di aggettivi come forte-debole). Il soggetto avrà tre punteggi finali ciascuno riferito ad una delle tre dimensioni.

La social cognition ha come punto di riferimento la visione individualistica e tripartita ma più di recente l'atteggiamento è stato considerato come una struttura cognitiva costituita dall'associazione in memoria tra la rappresentazione dell'oggetto e la valutazione dell'oggetto.

L'atteggiamento è una valutazione connotata dalla valenza (positiva o negativa) e l'intensità (= grado di coinvolgimento).
Gli atteggiamenti intervengono nell'elaborazione delle informazioni in base alla loro disponibilità (= presenza in memoria) e accessibilità (= facilità di recupero dalla memoria).
Da queste impostazioni derivano le due linee d'indagine contemporanee:
1. Si sofferma sulla forza dell'associazione tra oggetto e valutazione e salienza legata a fattori situazionali. Un oggetto nuovo potrà essere valutato ricorrendo a processi top-down (cioè basati su atteggiamenti già presenti in memoria) e processi bottom-up (cioè sulla base di informazioni raccolte dal basso in modo dettagliato).
2. Si sofferma sulla struttura di immagazzinamento in memoria delle informazioni che costruiscono gli atteggiamenti. Secondo questo approccio la valenza degli atteggiamenti può essere caratterizzata in 4 modi:
• Positiva: molti elementi positivi e nessun elemento negativo in memoria
• Negativa: pochi/nessun elemento positivo e molti elementi negativi in memoria
• Neutrale: pochi elementi positivi e pochi elementi negativi in memoria
• Ambivalente: molti elementi positivi e molti elementi negativi in memoria

La social cognition ha proposto cambiamenti nelle tecniche di misurazione degli atteggiamenti. Le scale di misurazione degli atteggiamenti mirano a quantificare la valutazione soggettiva dell'oggetto ma il rischio sta nel raccogliere i dati che riproducono la desiderabilità sociale. Per questa ragione nascono delle tecniche dirette di misurare come le reazioni fisiologiche che l'oggetto di atteggiamento induce nel soggetto come per esempio la risposta elettrogalvanica della pelle (variazione della capacità della pelle di condurre elettricità che indica lo stato di attivazione emotiva), l'attività dei muscoli del viso (un soggetto esposto a una opinione simile alla propria manifesta maggiore attività di questi muscoli) e la dilatazione pupillare.

Gli atteggiamenti sono legati ai comportamenti ma gli studenti di Lovanio per mostrando atteggiamenti favorevoli, non si mobilitano fattivamente.
Il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti non è causale è questo è stato dimostrato dallo studio di LaPiere del 1934, si recò con una coppia di cinesi (in un periodo in cui negli USA il pregiudizio verso gli orientali era forte) in 251 alberghi e ristoranti, solo in 1 caso il proprietario si rifiutò di accettare la coppia come clienti. Dopo un tot. di tempo LaPiere inviò un questionario postale agli stessi alberghi/ristoranti sugli atteggiamenti verso gli orientali e oltre il 90% dichiarò di non accettare orientali. Questo studio mise in evidenza la discrepanza tra atteggiamenti e comportamenti. Questo portò negli anni Sessanta a una revisione della relazione atteggiamento-comportamento, alcuni proposero di eliminare il costrutto di atteggiamento, altri criticarono alcune lacune metodologiche e altri ancora proposero di superare l'idea di una relazione diretta e causale e di esaminare perché e quando gli atteggiamenti sono predittivi di comportamenti.
Fishbein e Aizen propongono un modello per spiegare la relazione tra atteggiamenti e comportamenti, introducendo l'intenzione comportamentale come snodo tra atteggiamenti e comportamenti:

Atteggiamento → intenzione comportamentale → comportamento
Secondo questo modello gli atteggiamenti verso un dato comportamento sono determinati dal prodotto tra credenze individuali circa le conseguenze di un dato comportamento e valutazioni delle conseguenze del comportamento stesso. Le basse correlazioni tra atteggiamenti e comportamenti sono legate al fatto che si misurano atteggiamenti generali, si osservano comportamenti specifici e non si considera che la messa in atto di comportamenti specifici è influenzata da fattori situazionali.

I limiti della teoria dell'azione ragionata:
• Non tutti i comportamenti sono controllabili dall'individuo come ad esempio quelli derivati da un abitudine, frutto di dipendenza, derivati da stati emotivi acuti. Per ovviare a questo limite Aizen sviluppa la teoria del comportamento pianificato secondo cui intenzione e azione sono influenzate da: atteggiamento individuale/pressione sociale/percezione di controllo (= ossia dalla percezione di avere risorse e opportunità per mettere in atto un comportamento).
• Richiede grande dispendio di energie cognitive per ogni comportamento, nella nostra esperienza quotidiana i comportamenti non sempre seguono la via ragionata (i comportamenti meno rilevanti sono scelti in maniera automatica senza un processo di elaborazione). Fazio propone il modello MODE (Motivazione e Opportunità come DEterminati) secondo cui quando le persone sono motivate a hanno opportunità sufficienti basano il proprio comportamento su una valutazione ragionata delle info di cui dispongono, altrimenti i comportamenti saranno messi in atto sulla base degli atteggiamenti salienti e accessibili.
• Non prende in considerazione dettagliatamente i comportamenti passati, motivazioni mezzi e tipologie di conseguenze del comportamento, le conseguenze diverse di alcune azioni possono avere un peso diverso a seconda dei bisogni individuali e situazionali. Clary e i suoi colleghi suggeriscono che partecipare a gruppi di volontariato fornisce opportunità di esaudire 6 funzioni: valoriali (esprimere altruismo), sociali (stabilire relazioni interpersonali nuove), protettiva (difendere la propria immagine), di crescita (accrescere la propria autostima), di comprensione (fare nuove esperienze), di carriera (funzione utilitaristica).
• Capacità che gli esseri umani hanno di imparare qualcosa di nuovo su se stessi dai comportamenti. Le azioni che svolgiamo sono fonti di informazione su chi siamo e cosa vogliamo, questo punto viene messo in evidenza dalla teoria della dissonanza cognitiva: gli esseri umani cercano di permanere uno stato di equilibrio ma tale quiete viene turbata ogni qual volta che l'individuo è consapevole di due cognizioni incongruenti, questa situazione di squilibrio viene denominata dissonanza cognitiva. Per risolverla cerchiamo giustificazioni alla nostra condotta. (es. favola la volpe e l'uva).

Gli esponenti più radicali hanno chiesto la messa in discussione del costrutto di atteggiamento e della relazione tra questi e i comportamenti, con l'obiettivo di studiare come significati diversi siano costruiti e retoricamente utilizzati.

Tratto da PSICOLOGIA SOCIALE di Emma Lampa
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