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Limiti e alternative all’egemonia


Tutte le teorie dell’egemonia concordano su un punto: ogni egemonia è temporanea. Tutte le egemonie sono transitorie perché i coti crescono più rapidamente delle risorse necessarie al loro mantenimento. Per l’egemone è impossibile conservare nel lungo periodo il monopolio delle capacità tecnologiche ed economiche all’origine del proprio successo, che divengono patrimonio condiviso degli altri stati tra i quali si cela il futuro sfidante. A ciò bisogna sommare le crescenti domande e aspettative dei cittadini che rifiutano di continuare a sopportare i sacrifici necessari per preservare il ruolo egemonico e spingono affinchè i consumi interni vengano privilegiati. Tale combinazione di fattori interni ed esterni determina una severa crisi fiscale per l’egemone che non ha molte alternative per venirne fuori. Può cercare di capovolgere il trend interno o attaccare l’eventuale sfidante prima che esso riduca eccessivamente il gap di potere. Oppure può promuovere alleanze strategiche.
Una delle ragioni per cui nel lungo periodo i costi di mantenimento dell’ordine del sistema che gravano sulle spalle dell’egemone arrivano a superarne i vantaggi consiste nell’iperestensione del raggio d’azione dell’egemone. Può essere iperestensione territoriale ma si può anche parlare di iperestensione funzionale e qualitativa quando l’egemone cerca di ampliare gli ambiti di esercizio della propria egemonia oltre quelli che gli vengono riconosciuti come legittimi. Per evitare il rischio di iperestensione l’egemone può iniziare a ridurre la propria azione in aree e settori che siano vitali per il proprio interesse nazionale. Ma questo genera instabilità nell’equilibrio del sistema e può indurre gli sfidanti a ritenere vantaggioso tentare la via del conflitto.
Per la teoria dell’economia mondo, la crisi dell’egemone segue un percorso di segno contrario rispetto a quello che aveva visto la sua ascesa. La dispersione dei vantaggi tecnologici conduce alla perdita del gap competitivo e alla crescita del costo del lavoro innanzitutto nel settore agricolo e industriale. Ne segue un declino commerciale e una minor efficienza finanziaria con fuga di capitali verso altre piazze finanziarie che rendono i costi del mantenimento della stessa superiorità militare sempre più proibitivi.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Filippo Amelotti
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