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La Cina e l’occidente europeo

La Cina e l’occidente europeo 

Prima di iniziare il prossimo capitolo, è bene ripercorrere le tappe del rapporto fra europei e cinesi. Esso iniziò alla metà del XVI secolo (1500) con l’arrivo dei primi missionari gesuiti e delle prime navi portoghesi. Abbiamo visto che mentre i mercanti si guadagnarono una fama negativa, i gesuiti seppero farsi apprezzare a corte. Dopo la riconquista della rivolta di Taiwan nel 1685, i porti della costa meridionale furono riaperti e il commercio con gli europei poté riprendere; a Canton fu aperta un’apposita dogana. Ormai lo scenario europeo era cambiato e agli olandesi che avevano soppiantato i portoghesi, si erano sostituiti gli inglesi. Furono essi i primi ad ottenere il permesso di aprire uffici commerciali a Canton; nel 1728 un permesso analogo sarebbe stato rilasciato a i francesi, e nel 1784 anche agli americani. 
Vero la fine del Settecento il valore del commercio con gli occidentali, nonostante le ancora numerose restrizioni, produceva già un gettito pari ad un sesto dell’intero valore della tassazione sul commercio in tutto l’Impero. Gli europei vendevano tessuti di cotone, stagno e piombo, ed importavano tè, medicine e porcellane (per un valore pari a sei volte tanto quanto vendevano). Questa considerazione guidò la richiesta inglese al governo imperiale, al quale si chiese nel 1793, di consentire una maggiore apertura del mercato, in modo da poter aumentare il valore delle vendite. Con gentilezza ma fermezza l’imperatore scelse di respingere le proposte britanniche. 
Frattanto, lo scioglimento dell’ordine dei gesuiti nel 1773, segnò anche il completo tramonto delle prospettive missionarie in Cina. Il Celeste Impero sembrava sempre più chiuso in se stesso. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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