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Il periodo del Sakoku


In realtà anche se l’editto di proscrizione dei cristiani di Hideyoshi del 1587 non fu abolito, Ieyasu assunse inizialmente una posizione abbastanza tollerante nei confronti dei cristiani, per il proposito di spostare i traffici marittimi dai porti di Kyushu a Edo.

Però non riuscì a fare di Edo la base portuale che desiderava e il suo sistema di contrassegni per istituire un commercio ufficiale fu respinto dalla Cina.

Così nel 1616 iniziarono a essere imposte limitazioni nei traffici con l’estero che vennero limitati ai porti di Hirado e Nagasaki, inoltre i cristiani vennero dal 1612 aspramente perseguitati e la rivolta di Shimabara del 1637, probabilmente organizzata da samurai cristiani fu sedata con la forza.

Nel 1635 fu vietato ai giapponesi di lasciare la loro patria e a chi si era allontanato di farci rientro, nel 1639 furono espulsi dal Giappone i portoghesi, che si rifugiarono a Macao, nel 1641 gli olandesi furono confinati nell’isola artificiale di Dejima collegata da un ponte a Nagasaki.

Iniziò così il periodo del Sakoku, che significa “paese chiuso”. Nel periodo del Sakoku i rapporti con l’esterno furono limitati al porto di Nagasaki, all’estremità meridionale dello Hokkaido per il commercio con gli Ainu, a Tsushima per le relazioni tributarie con la Corea e a Satsuma da dove partiva un commercio triangolare che coinvolgeva le isole Ryukyu e la Cina.

In questo modo durante il periodo Edo il Giappone si allontanò progressivamente dal mondo esterno e sviluppo una nuova percezione di sé.

Tratto da STORIA DEL GIAPPONE di Veronica Vismara
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