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Sovrano e legge in Hobbes



I cittadini contraenti allora non hanno diritto all’infuori del patto stipulato; e se esso declama obbedienza al potere sovrano essi non possono una volta stipulato il patto tornare indietro a loro piacimento, poiché rischierebbero di agire secondo il diritto soggettivo a cui hanno rinunciato e di trovarsi nuovamente in quello stato di natura che la retta ragione ha scelto di superare. Da qui deriva quindi logicamente anche l’assolutezza del potere sovrano, che possiede in mano lo ius di ogni singolo cittadino. Inoltre l’assolutezza è una conseguenza diretta del patto non delle leggi dello stato, poiché quest’ultime sono soltanto il frutto del potere e non lo determinano né limitano. Limitare il potere sovrano significherebbe ridurlo a suddito. Egli per lo stesso motivo è contrario anche alla common law, ossia la legge consuetudinaria che trova il suo fondamento nella tradizione e che tutt’oggi ha larga applicazione nel sistema anglosassone. Essa infatti limiterebbe il potere del sovrano, che in ogni circostanza e situazione deve avere la facoltà di prendere decisioni per garantire lo ius di ogni singolo cittadino. Esso cmq non va eliminato, ma deve passare per il consenso del sovrano. Altra conseguenza logica del discorso è il fatto che l’unico a cui spetta il potere di stabilire che cosa è giusto o sbagliato è il sovrano (dato che la legge naturale da sola non è in grado di stabilirlo). Egli renderà normative quelle leggi che in ogni caso rispetteranno il patto sociale. Lex secondo Hobbes è l’insieme delle parole enunciate da colui che a buon diritto comanda agli altri di fare o di non fare qualche cosa.
Il sovrano è allora veramente l’unico in grado di scegliere per sé e per i sudditi: nel caso egli violasse una legge naturale farebbe torto a Dio e non al suddito che non avrebbe motivo di ribellarsi. L’unico motivo che può portare il suddito a ribellarsi scatta nel momento in cui il sovrano mette a rischio la sua vita. Ma è giusto notare che l’assolutismo di Hobbes non si spinge fino al controllo delle menti ma l’obbedienza è solo esteriore e deve essere consapevole adesione al male minore.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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