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Gioacchino Rossini e l’opera italiana agli inizi dell’Ottocento


Gioacchino Rossini nasce a Pesaro nel 1792 da Giuseppe Antonio Rossini, suonatore di corno, e Anna Guidarini. La produzione di esordio di Rossini prende spunto, da una parte, dall’eredità dell’opera napoletana, specialmente da G. Paisiello, e dall’altra, dall’esperienza formale acquisita dei classici viennesi (Mozart e Haydn).
Il 1813 segna per Rossini il momento dell’acquisizione della maturità artistica: Tancredi e L’italiana in Algeri tradiscono già l’innovativo stile rossiniano, fatto di un rapporto originalmente decostruttivo con gli schemi settecenteschi, fatti esplodere a contatto con la vitalità originalissima di Rossini, che distrugge gli eleganti schemi classici piegandoli a nuovi significati catapultati in un gioco vorticoso, grottesco, surreale, come ben notava Stendhal parlando dell’Italiana in Algeri, che spesso sfiora il nonsense. Nella dimensione prettamente musicale, tutto ciò spesso si traduce in un curioso rapporto di autonomia tra musica e testo, quasi di estraniazione, e nella natura della vocalità e dei meccanismi di declamazione vocale che richiedono un virtuosismo inconsueto a personaggi di opere buffe, che adesso sono giustamente equiparati.
Rossini rappresenta, al di là delle deformazioni, soprattutto in sede esecutiva, l’ultimo vertice e la sintesi delle esperienze operistiche settecentesche, e il loro superamento in una direzione originale e laterale rispetto al filone principale del romanticismo europeo. L’ambito nel quale l’esperienza di
Rossini ebbe maggior influenza, dicevamo, fu quella del teatro comico, che si presenta come modulazione ironica della struttura operistica buffa settecentesca, privata di ogni realismo e proposta in una dimensione volutamente paradossale e convenzionale. La musica è l’elemento oggettivante e straniante, rispetto all’azione e al libretto, ed è quella che conferisce all’opera comica rossiniana il caratteristico ritmo incalzante – che travolge i personaggi e fa esplodere le situazioni sceniche – ma esatto e geometrico, con una tonalità secca e acre, ai limiti del cinismo e della crudeltà.
Più lungo e articolato è il percorso del Rossini serio, ricco di ambiguità. Gli inizi sono all’insegna di un ideale di bellezza neoclassico, e ne è esempio il Tancredi, di cui Stendhal tesserà le lodi di equilibrio e delicatezza. Il Guglielmo Tell è invece la sua realizzazione più alta in questo settore, la più isolata e atipica, fatta di fusioni irripetibili tra il clima grandioso ed estroverso del grand –opèra, umoralmente romantico, e la purezza italiana del segno vocale, unite al vitalismo ritmico delle esperienze che aveva ereditato dalle sue opere buffe. Ricordiamo anche La donna del lago, ispirata ad un romanzo di Walter Scott, Maometto II, Ermione (basata sull’Andromaca di Racine) e Semiramide.

Tratto da STORIA DELLA MUSICA di Gherardo Fabretti
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