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La bioetica: tra divulgazione scientifica e cultura umanistica


Analizzare il rapporto tra bioetica e mass media significa fare il punto sull'intreccio di questioni che nascono dall'intensa attenzione dell'opinione pubblica per le questioni bioetiche e sul diverso modo in cui tali vengono affrontate dai mezzi d'informazione.

Il fatto che diversi problemi riguardanti la comunicazione della bioetica derivino da problemi relativi alla comunicazione della scienza ci porta a dedurre che evidentemente i problemi irrisolti della comunicazione scientifica si tradurranno in limiti nella comunicazione e comprensione delle questioni bioetiche. Fermo restando che valutazione morale e conoscenza scientifica sono sicuramente due cose distinte e diverse in quanto il piano normativo non è riducibile a quello descrittivo.

Problema centrale della divulgazione scientifica è quello della corretta informazione. Rende difficile un'accessibile divulgazione la forte specializzazione della nostra epoca. C'è chi come Olivero e Milano sostiene che è soprattutto il modo in cui è organizzata la formazione scientifica a ostacolare la divulgazione scientifica: nei primi decenni del secolo lo scienziato riceveva una preparazione più globale oggi invece la sua preparazione è limitata a un ramo di scienza, specifica e parcellare. Ciò porta lo scienziato “specializzato” all'uso di particolari terminologie di scarsa leggibilità ai non addetti ai lavori che implicano grandi gradi di difficoltà ai fini della comprensione.

Una scienza frammentata in miriadi di discipline scientifiche può essere divulgata solo traducendola in una lingua capace di comunicare anche ai “non addetti ai lavori”. In genere si tende a semplificare con metafore, il rischio però è che il linguaggio delle metafore non riesca a colmare l'ignoranza del cittadino medio e che la conoscenza rudimentale appresa non sia di alcuna utilità per le esigenze della nostra vita. Di fronte a queste difficoltà si può arrivare a pensare che vi siano settori scientifici che non si prestano alla divulgazione in termini di reale comprensione, ma ciò è un modo di eludere i problemi piuttosto che di risolverli. Arrendersi significherebbe rinunciare a migliorare i rapporti e le dinamiche che caratterizzano la nostra società. La comprensione della scienza è ormai un'esigenza fondamentale delle società democratiche chiamate sempre più spesso a prendere posizione su questioni che toccano direttamente la vita, la cura e la morte dei suoi cittadini (bioetiche). Alla luce di questa esigenza risulta importante che le informazioni scientifiche siano filtrate da divulgatori capaci di scegliere ogni giorno quelle che meritano il giusto rilievo.

Il divulgatore scientifico ha anche un'altra utilità: pensare che gli scienziati abbiano un punto di vista imparziale sulla scienza e sulle loro ricerche è molto ingenuo; se il divulgatore scientifico lascia infatti che siano gli scienziati a decidere quello che è importante e promettente, egli rinuncia a alla sua funzione di fare informazione, e con questo intendo INFORMAZIONE CORRETTA. Gli scienziati infatti possono essere direttamente interessati alla diffusione di una notizia piuttosto che un'altra ai fini ad esempio dei finanziamenti magari da parte di società private che possono scaturire dalla pubblicità di una certa notizia.

A prescindere da ciò il rischio a cui corriamo ad oggi è che il dibattito bioetico venga influenzato negativamente dalla tendenza dei mass media a preferire la divulgazione delle notizie a maggiore effetto sull'opinione pubblica, prediligendo quindi temi che forniscono un'immagine sempre positiva della scienza. E' dunque necessario comare il divari che ci separa dalla scienza.

Sarebbe comunque un errore pensare che una maggiore comprensione della scienza possa eliminare  il disaccordo sulle diverse questioni bioetiche: ciò può (solo) aiutare a riflettere meglio sulle questioni morali in gioco.

Tuttavia le diverse questioni bioetiche non sono riducibili a questioni (di conoscenza) scientifiche, ma chiamano in gioco valori, credenze, concezioni della vita buona e non si prestano perciò a quelle soluzioni oggettive che in genere ci si aspetta che la scienza possa dare.


Tratto da BIOETICA E MASS MEDIA di Marianna Tesoriero
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