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Contenuti necessari del ricorso: oggetto della domanda e vizio dell’atto impugnato


Con riferimento all’”oggetto della domanda”, la domanda è definita, oltre che dalla richiesta di annullamento di un certo atto, dalle censure poste a fondamento della richiesta di annullamento.
Il vizio dell’atto impugnato, nel processo amministrativo, viene considerato un elemento per l’identificazione dell’azione e, quindi, per esempio, il ricorso di esso assume rilievo per valutare quanto una domanda sia completa in tutti i suoi elementi e perciò debba ritenersi proposta ritualmente, o per valutare quando sia proposta una domanda nuova.
Per “vizio” di un atto amministrativo si intende in genere uno dei tre ordini di vizi che comportano l’annullabilità dell’atto: incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere.
Con riferimento all’eccesso di potere si dovrebbe fare riferimento distintamente alle ipotesi di sviamento di potere, di disparità di trattamento, di ingiustizia manifesta, ecc…
Il realtà ai fini dell’identificazione dell’azione, per “vizio” dell’atto va inteso il profilo specifico in cui si sia storicamente concretato il contrasto tra l’atto impugnato e l’ordinamento giuridico.
Certi vizi possono essere individuati semplicemente negando la sussistenza di un elemento necessario all’atto amministrativo: per esempio, nel caso del vizio di incompetenza, la censura può risolversi nella esclusione della competenza dell’organo che ha emanato l’atto impugnato.
Di conseguenza, se l’incompetenza viene affermata nel ricorso sostenendo che la competenza spetterebbe a un altro organo, mentre poi emerge nel giudizio che la competenza spetta in realtà a un terzo organo, la domanda deve essere accolta ugualmente.
Rispetto ad altri vizi, invece, è necessaria l’affermazione di un fatto specifico che deve essere allegato dal ricorrente, con la conseguenza che si verifica anche una maggiore rigidità nella censura.
Se viene impugnato un certo atto discrezionale per contraddittorietà rispetto a un determinato altro provvedimento dell’Amministrazione, il ricorrente non può giovarsi della contraddittorietà dell’atto impugnato con un terzo atto, perché ciò identificherebbe un vizio diverso da quello fatto valere nel ricorso.
Ciò che importa, a pena di nullità, è che il vizio sia oggettivamente identificato nei suoi elementi concreti, in relazione al provvedimento impugnato.
Invece, un errore nella qualificazione del vizio (per esempio, la sua designazione come eccesso di potere anziché come violazione di legge) non assume rilevanza decisiva, perché il giudice non è vincolato dalla qualificazione del vizio proposta dalla parte.
La disciplina del ricorso appena descritta è propria del giudizio di impugnazione e deve perciò essere adattata nei giudizi nei quali siano esercitate anche azioni diverse.
Nel giudizio sul silenzio non è proposta alcuna impugnazione (perché non vi è alcun atto impugnabile) e di conseguenza non sono neppure configurabili censure per vizi di legittimità di un atto: la lesione è causata dall’omissione del provvedimento.
Nei casi di giurisdizione esclusiva, quando non sia impugnato un provvedimento e sia fatto valere un diritto, è necessario identificare il contenuto della pretesa nonché il suo fondamento alla stregua delle regole processual-civilistiche.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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