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Distinzione fra cattivo esercizio del potere e carenza di potere


Nel caso di cattivo esercizio di potere (vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere) l’illegittimità del provvedimento non incide sulla sua efficacia (finché il provvedimento non sia annullato) ed è configurabile solo una posizione di interesse legittimo, perché si è pur sempre in presenza dell’esercizio di un potere dell’Amministrazione.
Invece, nel caso di carenza di potere (straripamento di potere o incompetenza assoluta, carenza di presupposti necessari) il vizio di riverbera sulla stessa efficacia giuridica dell’atto e la posizione soggettiva del cittadino rimane quella originaria, come individuabile in assenza dell’intervento dell’Amministrazione.
La Cassazione ha cercato anche di elaborare una casistica completa dei casi di carenza di potere: ha sostenuto che vi è carenza quando il provvedimento è previsto dell’ordinamento, ma non come esercizio di una funzione amministrativa; oppure ha sostenuto che vi è carenza quando il potere è attribuito a un’Amministrazione di ordine diverso rispetto a quella di cui fa parte l’organo che ha emesso il provvedimento, ovvero quando il provvedimento è assunto dall’Amministrazione che è in astratto titolare del potere, ma in mancanza di un presupposto concreto prescritto dalla legge.
La sistematica dei vizi dell’atto amministrativo delineata dalla l. 15/2005 (che ha distinto fra ipotesi di “annullabilità” dell’atto amministrativo e ipotesi di “nullità”) dovrebbe orientare la Cassazione a superare la distinzione fra “cattivo esercizio del potere” e “carenza di potere” e a dare rilievo piuttosto alla distinzione fra i casi di “annullabilità” e i casi di “nullità” del provvedimento.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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