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Il termine paesaggio secondo la Convenzione Europea del paesaggio, 2000


Il termine paesaggio, originato da una stratificazione di significati, a volte in contrasto fra loro, comporta una serie di problematiche polisemantiche: una di tipo estetico-percettiva, secondo la quale il paesaggio indica l’immagine della realtà e quindi il rapporto percettivo-culturale che si stabilisce fra l’uomo e quest’ultima, e quella geo-ecologica o naturalistica, secondo la quale esso indica la totalità dei fenomeni naturali, in un’insieme di elementi e relazioni dinamiche, devono essere riferiti ad aspetti complementari di un unico processo conoscitivo. Questa interpretazione è ben espressa dalla Convenzione Europea del Paesaggio, che lo definisce: “ Una determinata parte di territorio così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. La Convenzione Europea del Paesaggio del 2000, afferma il ruolo del paesaggio, mosaico di valori storici, culturali, ecologici, sociali ed economici, come contesto di vita, espressioni delle identità e diversità locali e regionali delle popolazioni e come risorsa di sviluppo economico e territoriale. Essa propone dei modelli di comportamento dei quali il territorio è il punto di riferimento e in cui si pone all’attenzione non soltanto ai paesaggi eccellenti, ma soprattutto a quelli ordinari e quelli degradati. Attribuisce dunque, a tutti i paesaggi del territorio uguale dignità suggerendo di costruire nuovi valori e di superare le condizioni di vincolo dei siti di significativi qualità e bellezza, considerando la totalità del territorio (spazi naturali, rurali, urbani), coinvolgendo le popolazioni per la conservazione e valorizzazione. In quest’ottica si riconosce alla pianificazione il compito di costruire un quadro programmatico, normativo e procedurale, condiviso dalla società, per orientare le scelte di gestione ed uso del territorio, tutela, valorizzazione e il ripristino dei paesaggi nel progetto per la loro trasformazione e/o innovazione e al paesaggista la progettazione dei diversi ambiti. I paesaggi
esistenti e i nuovi devono essere espressione di qualità di vita, intesa come integrazione di unicità, bellezza, funzionalità, ma anche di ordinari età che consegue all’uso sociale e al quotidiano adattamento degli spazi di vita. In seguito ai principi enunciati dalla presente Convezione, il paesaggio diviene soggetto giuridico, luogo fisico dove il territorio esprime le identità derivanti da azioni di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Storicamente l’opera dell’uomo qualificava l’ambiente, costruendo paesaggi che sono stati narrati nella pittura e nella letteratura.
Dopo la trasformazione radicale dei sistemi di produzione e la conseguente accelerazione dello sviluppo impressa dalla rivoluzione industriale, l’azione dell’uomo diventa distruttrice nei confronti della natura: i paesaggi degradati vengono quindi espulsi dall’immaginario collettivo, ma con essi anche la capacità di leggere il paesaggio contemporaneo. Da qui nasce una nuova consapevolezza nell’approccio al tema, riconoscendo, come enuncia la Convenzione europea che il paesaggio è in ogni luogo un elemento importante nella qualità della vita e delle popolazioni nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali come in quelle della vita quotidiana.

Tratto da ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO di Alessia Muliere
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