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L’iconografia del dipinto Sette Opere di Misericordia - Caravaggio


A. La novità di Caravaggio nella tradizione iconografica:
I deputati del Pio Monte probabilmente avevano chiesto, nel quadro d’altare la raffigurazione della Madonna della Misericordia realizzata magari secondo l’iconografia tradizionale e cioè la Vergine sotto il cui mantello avrebbero potuto trovare posto da un lato i rappresentanti dell’istituzione laicale e dall’atro le opere che essa praticava. Certamente l’iconografia di una "Mater misericordiae" protettrice di una collettività, di ordini religiosi e confraternite, avrebbe meglio esplicitato il loro programma ma tutto ciò ovviamente non rientrava negli schemi compositivi del Merisi e tanto meno era compatibile con i suoi schemi mentali anche per l’ide che si era fatto sulle istituzioni assistenziali e sul tema della carità e della povertà. Caravaggio, infatti, dispone l’iconografia essenzialmente  su due livelli: una parte alta e una parte bassa; nella parte basse raffigura le sette opere di Misericordia tutte e sette insieme nella loro simultaneità di tempo, luogo e spazio; nella parte alta la Madonna con Gesù bambino e gli angeli. In tal modo il Merisi sconvolge due iconografie tradizionali: quella delle sette opere di misericordia, che da tradizione venivano rappresentate singolarmente e annesse al giudizio finale, e quella della Madonna della Misericordia, tanto cara alla pittura del Quattrocento, che non viene più ad occupare un ruolo centrale. Ma ancor più che l’inserimento della Madonna, in una posizione tra l’altro non centrale, innovativo è l’inserimento di Gesù bambino con i due Angeli che veramente è la chiave per l’interpretazione di tutto il discorso del testo pittorico. Divenuto indispensabile l’inserimento della madonna, per ragioni di committenza, il pittore, in ragione del suo convincimento teologico del primato di Cristo sull’azione della Grazia così intimamente connessa alle opere di misericordia e alla salvezza, include la presenza degli angeli che, con poderose ali, sorreggono in un abbraccio la Madonna e il bambino alludendo alla tematica della fratellanza. Ecco quindi la chiave di lettura: Gli angeli osservano lo svolgimento delle opere di carità rese possibili e meritorie attraverso il dono gratuito della Grazia della Madonna concessa dal cristo; la mano tesa dell’angelo, l’ombra dell’angelo di destra che si riflette sul muro del carcere, il penetrare dell’altra ala tra le sbarre della prigione, poi, sembrano trasmettere la grazia agli uomini nel mondo terreno. In sostanza, dobbiamo credere che Caravaggio abbia approfondito il discorso sulla Grazia e sulla Redenzione che aveva già affrontato nella "Madonna dei Palafranieri" aggiungendo nella tela napoletana la certezza che l’umanità può essere redenta attraverso l’osservazione dei comandamenti, dei precetti evangelici, dell’adempimento delle opere e mediante il dono gratuito della Grazia. In tal modo Caravaggio ristabilisce una precisa gerarchia e riesce a collegare tutti gli elementi della composizione in una rete di rapporti interdipendenti fondata su una corretta interpretazione dei risultati conciliari sul problema della fede - opere - giustificazione.
Inoltre, nello snodarsi della composizione in due registri indipendenti, il pittore ha consapevolmente voluto precisare che è il mondo celeste e soprannaturale che attua "collegamenti" con quello terreno e non viceversa. Nessuno dei personaggi della parte bassa mostra interesse per la presenza del gruppo celeste che appare in alto. L’apparizione infatti non è proprio avvertita cosi che le persone intente a ricevere o a compiere l’azione misericordiosa si comportano in maniera del tutto normale. In ognuno di quei personaggi c’è quella dignità che è la condizione indispensabile della persona umana e che induce a credere che in quegli uomini non c’è alcuna preoccupazione di compiere l’opera per un fine di salvazione ma lo si fa solo come doveroso impegno civile. Qui si spiega l’assenza del giudizio finale: non avrebbe trovato alcuna giustificazione con la profonda laicità umana delle azioni terrene. Con tale impostazione Caravaggio ribalta la convenzionalità del rapporto tra l’umano e il divino: da tradizione, il divino è un evento straordinario che sconvolge la vita dell’uomo. il Merisi, invece,  mostra che il divino è una dimensione che viene rivelata attraverso gli atti umani. Agli stessi uomini che però mettono in atto la volontà celeste, la divinità non si manifesta perché questo vorrebbe dire annullare l’arbitrarietà dell’uomo. Invece, la tacita presenza divina visibilmente soddisfatta di quello che si sta svolgendo può aver solo ispirato l’operato dell’uomo. Dunque la corretta interpretazione che si da del rapporto tra l’uomo e il divino è che l’uomo deve fare il bene per meritarsi la Grazia ma al contempo la Grazia è dono gratuito concesso da Dio all’uomo perché operi il bene. Per cui la pratica caritativa diviene la più sincera e fedele manifestazione dell’insegnamento del Cristo.

B. Dove sono le Sette Opere Di Misericordia? 
Nella donna che allatta il vecchio si riconoscono: il "dar da mangiare agli affamati" e il "visitare i carcerati". Qui Caravaggio ha fatto ricorso a personaggi leggendari : Cimone e Pero. "Il vecchio  Cimone era stato condannato a morte , e questa doveva essere per fame . La giovane figlia Pero gli fa visita , ed avendo da poco partorito un piccino, gli porge il seno gonfio di latte per nutrirlo . Quando viene scoperta dai funzionari , questi vengono fortemente impressionati dall'immenso altruismo del suo gesto e commossi liberano il vecchio Cimone" . La storia è riportata nel nono libro di una raccolta redatta dallo storico romano Valerio Massimo che raccoglie gli " Atti e detti memorabili degli antichi romani " ( De factis Dictisque Memorabilibus Libri IX ) e cita l'episodio come un grande gesto di pietà filiale ed onorabilità romana. Spesso, infatti, ci si riferisce a questo episodio definendolo "Caritas romana".
nel personaggio che si disseta con l’acqua che sgorga dalla mascella d’asino (Sansone), si riconosce il "dar da bere agli assetati". Qui è stato fatto ricorso al personaggio biblico. "Sansone bevve, il suo spirito si rianimò, ed egli riprese vita". (Imprese di Sansone contro i Filistei).
Nel giovane dal cappello piumato (San. Martino) che divide il suo mantello con l’ignudo e si rivolge al personaggio accasciato, riconosciamo il "vestire gli ignudi e visitare gli infermi" e il "visitare gli infermi". Qui è stato fatto riferimento all’agiografia popolare. "Si narra che San Martino camminando per la strada vide un vagabondo che coperto di soli stracci non riusciva a ripararsi dal freddo e dalla pioggia. Voleva dargli del denaro così che potesse comprarsi una coperta ma non aveva neanche uno spicciolo in tasca. Così diede metà del suo mantello al vecchio. Per la strada San Martino non riusciva a ripararsi dal brutto tempo ma in poco tempo uscì il sole. La notte San Martino sognò Gesù che lo ringraziava mostrandogli la metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona". Il cappello piumato non è indice di una condizione nobiliare del personaggio ma è ancora una volta un personaggio di estrazione popolare ripresa dai dipinti del periodo romano. Nei personaggi infatti non si percepisce alcune traccia dell’estrazione sociale di tipo nobiliare proprie dei committenti mentre invece tutti appartengono ad un dimensione popolare.
Nell’oste che indica l’alloggio ai due pellegrini, riconosciamo il "dare alloggio ai pellegrini". Anche qui c’è riferimento al personaggio dell’agiografia popolare Jacopo di Compostella.
Nel becchino e nel diacono con la torcia che va ripetendo l’ufficio dei morti, riconosciamo il "seppellire i morti".

C. C’è chi vorrebbe la composizione scomposta in 3 nuclei:
- una vita superiore, in alto
- le opere materiali a sinistra
- le opere spirituali a destra: in quest’ultimo nucleo si vedono coloro che hanno lasciato ogni speranza, cioè i carcerati e i morti. Appare però chiaro che la donna che visita il carcerato è proprio il "visitare i carcerati"; inoltre il carcerato non può dirsi senza speranza o un essere finito né per la giustizia terrena né per la giustizia divina. Anche il morto può guadagnare la salvezza della vita eterna e non può dirsi senza speranza.

D. Il Naturalismo di Caravaggio:
L’indagine naturalistica si appunta specificatamente sulla figura a terra e di spalle, con il braccio piantato in terra e il movimento di reazione dei muscoli contratti della schiera.
nell’angelo planante con il braccio teso verso il basso
In entrambe le figure, le mani si arrossano sotto lo sforzo del tempo di posa per il sangue che vi affluisce.
- al contempo, l’ignudo, mostra ancora naturalismo dalla nuvoletta di polvere dietro il piede: ciò si spiega con il fatto che probabilmente la posa era scomoda e chi doveva fare da posatore ha spostato la gamba. Questo dà ancora di più l’idea che si stavano svolgendo tutte quelle azioni realmente in quello stesso  e preciso momento ed è inoltre, prova che Caravaggio abbia fatto dei veri e propri ritratti.
- Molto naturalistica è anche l’episodio di Cimone e Pero (la donna e il vecchio): il pittore ne fissa l’azione del nutrimento del vecchio Cimone nel suo momento più significativo e per attualizzarne l’evento, ritrae una goccia di latte che cadendo sulla ruvida barba si separa in due parti.
naturalismo si vede anche nello sgocciolio delle lenzuola lavate e sventolate che ricordano la realtà napoletana.
- La realizzazione nella prassi pittorica di questi fatti del mondo naturale, osservati nella loro ferialità quotidiana e divenuti attraverso il filtro dell’esperienza, bagaglio culturale del pittore è tale da doversi ormai ritenere un punto decisivo nel pensiero del Merisi.
- La luce: tutta l’azione si svolge in un ambiente circoscritto, illuminato dal bagliore della torcia al centro della tela. Questa luce "artificiale" e quella luce "naturale" proveniente dall’esterno impegnano il pittore in un’indagine volta a cogliere gli effetti del tutto naturali che tale incontro produce sui corpi e sulle cose che emergono dal fondo.
- L’attenzione al naturale si manifesta anche nella scelta dell’ambientazione: il muro del carcere vede anche l’apparizione della Vergine che finisce anch’essa ad assumere una dimensione naturale e più vera. Caravaggio dovette obbiettivamente trovarsi a dover includere, per motivi di committenza, la presenza della Madonna. Ma l’artista, secondo il suo solito, dà un’interpretazione personale rappresentando la Madonna nei panni di una popolana.

E. Il significato ideologico del dipinto:
Dall’impostazione iconografica emerge anche un contestare del Merisi verso l’atteggiamento della società napoletana per la carità verso il prossimo.
Il dipinto, infatti, non mostra le opere "caritative" effettivamente svolte dall’istituzione napoletana o dal Pio Monte della Misericordia, come pure non ci sono riferimenti ai committenti, ma, al contrario, i personaggi, tutti di estrazione popolare, mostrano un reciproco atteggiamento spontaneamente misericordioso nei confronti del povero (proprio come era nella primitiva comunità cristiana e degli apostoli). E’ proprio in questo che si nota un vero e proprio attacco alla "carità assistenzialistica" che si svolgeva a Napoli.
Nella società napoletana del ‘600, infatti, la carità verso il povero o il disagiato, veniva praticata non con uno spirito cristiano evangelico caritativo verso colui che aveva bisogno ma venne svuotata di questo senso cristiano e divenne solo una pratica di "sanamento sociale": nel senso che il povero era visto non come un bisognoso di cure ma come un male sociale da cui liberarsi. In quest’ottica la pratica caritativa venne istituzionalizzata e così affidata alle classi dominanti come confraternite sia religiose che laiche che la praticavano con ostentazione. Lo stato favorì questo modo e lo aiutò a sussistere ricavandone vantaggi. Ciò finiva con il porre in una posizione di privilegio la classe nobiliare che se ne assumeva l’impegno e, nello stesso tempo, servivano al potere per porre sotto un certo controllo sia la nobiltà, impegnata in un’attività che la gratificava, sia i poveri che vedevano risolto il loro problema quotidiano. Caravaggio si oppone con forza a questa logica perversa perché riteneva che ciò fosse contrario all’insegnamento evangelico: egli vedeva nella carità istituzionalizzata il passaggio da "carità" cristiana a laica "beneficienza".

Tratto da CARAVAGGIO, LA VITA E LE OPERE MAGGIORI di Katia D'angelo
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