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Diritto romano: il furto

DIRITTO ROMANO: IL FURTO


Inizialmente, dalle fonti, risulta qualificata come furto qualunque attività diretta a favorire la fuga del servo altrui, o anche degli animali, la falsificazione di documenti, il rifiuto di restituire la cosa avuta in deposito ecc.
Negli ultimi secoli si ebbe una notevole delimitazione tecnica della nozione di furto.
Si giunse ad individuarne gli elementi qualificanti nel materiale contatto con la cosa contro la volontà del proprietario con la precisa volontà di trarre indebito vantaggio o dalla cosa stessa o dal suo uso o possesso. (Paolo in D.).

Si distinguevano il furto flagrante e furto non flagrante, il primo punito con la condanna al quadruplo e il secondo al doppio.
Legittimato attivo all'actio furti era non solo il proprietario della cosa rubata, ma chiunque aveva interesse patrimoniale a che il furto non avvenisse. (custodia).
L’Editto del Pretore prevedeva casi particolari di furto, (es. di cose di naufraghi, o in seguito a vessazioni di publicani, o di cose dei viaggiatori su navi, locande o stalle), che comportavano pena aggravata.

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO di Sara Zauli da Baccagnano
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