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Diritto romano: la successione intestata

DIRITTO ROMANO: LA SUCCESSIONE INTESTATA


Le XII Tavole prevedevano che se un pater moriva senza testamento, l'agnato più vicino prendeva il patrimonio. In caso di assenza di agnati, allora passava ai gentiles.
Queste norma riproduceva una norma dei mores più antichi e rimase fino all'epoca postclassica.
In presenza invece di suus heres, il patrimonio spettava ad esso. Con o senza testamento.
Nel caso in cui ci fossero più successori, essi andavano su un piano di uguaglianza; in pratica avevano facoltà di godimento e poteri di disporre proporzionalmente limitati.
Tramite l'actio familiae erciscundae potevano dividersi l'eredità.
Nel caso in cui un figlio morisse prima dell'ereditando, allora lasciava il suo posto alla madre o alla moglie in manu.
In mancanza di un suus e di un testamento, l'adgnatio poteva avere il patrimonio, egli non era erede ma acquisiva la legittimazione a prendere l'eredità.
Le donne avevano il diritto di succedere alle sole adgnatae (sorelle).
Se l'ereditando era un liberto, suo adgnatus proximus era il patrono e, in mancanza, i figli o le figlie del patrono.
Qualora l'adgnatus proximus esistente alla morte dell'ereditando non esercitasse il suo potere d'acquisto e quindi non prendesse possesso della familia, era escluso dall'eredità.
In mancanza di agnati, il potere di acquistare la familia spettava ai gentiles. 

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO di Sara Zauli da Baccagnano
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