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Diritto romano: le successioni ereditarie

DIRITTO ROMANO: LE SUCCESSIONI EREDITARIE


I beni del pater familias, dopo la sua morte, vanno ai familiari del defunto, anzitutto ai figli, oppure si adeguano alla volontà debitamente manifestata dal defunto stesso mediante il suo testamento.
Nella successione ereditaria romana del periodo antico, i beni erano considerati in modo unitario, in quanto essi passavano in blocco al successore. Anche se ci fossero più successori, ciascuno di questi subentrava globalmente all'ereditando. Questo vuol dire che non c'era distribuzione dei beni. I beni costituivano il “patrimonio”.

Patrimonium:
complesso di beni unitariamente considerato.
Il patrimonio era composto sia delle res mancipi sia di quelle nec mancipi, sia anche dei vincoli in senso attivo e in senso passivo, tranne fra questi ultimi quelli derivanti da delitto e quelli consistenti in vincoli corporali.
Se l'ereditando era in prigione privata di un altro soggetto, esso non costituiva una passività per i successori. I vincoli da delitto invece rimasero estranei alla successione in quanto strettamente personali. Sponsio e nexum invece erano trasmissibili ai successori.
La successione si estendeva anche ai sacra familiaria e alle spese per il culto degli dei della famiglia, in modo da garantire la continuazione del culto.
Dalla successione venne tolto il rapporto di patronato, eccetto per i figli.
Bonfante ('900) aveva visto nel testamento l'atto con cui il pater familias sceglieva chi doveva, dopo la sua morte, succedergli come nuovo pater a capo del gruppo.
Assegnando così assoluta priorità alla successione testamentaria che a quella intestata.

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO di Sara Zauli da Baccagnano
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