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Principali tematiche dell'indagine filosofica di Locke: l'idea, la conoscenza, la politica

Locke è considerato il padre dell’empirismo, che considera l’esperienza come fonte del processo conoscitivo e criterio di verità delle tesi dell’intelletto. Il richiamo costante ad essa fa sì che esso tenda ad assumere un atteggiamento limitativo nei confronti delle possibilità conoscitive dell’uomo.
Locke nacque a Wrington nel 1632 e visse la sua giovinezza durante la prima rivoluzione. La sua autorità divenne enorme quando ritornò in Inghilterra nel 1689 al seguito della principessa Maria moglie di Guglielmo: egli era il difensore filosofico del nuovo regime liberale. Tra le sue opere ricordiamo l’Epistola sulla tolleranza, i Due trattati sul Governo, il Saggio sull’intelletto umano.

Per Locke la ragione non possiede nessuno dei caratteri attribuiti da Cartesio. Non è unica o uguale in tutti gli uomini perché essi ne partecipano in misura diversa. Non è infallibile perché spesso le idee di cui dispone sono limitate o oscure. Inoltre la ragione non può ricavare da sé idee e principi: deve ricavarli dall’esperienza che ha sempre limiti. Ma debole e imperfetta com’è, la ragione è l’unica guida efficace di cui l’uomo dispone.


Il concetto di idea in Locke


Per Locke desume il punto di partenza della sua indagine è l’idea. Tuttavia, le idee derivano dall’esperienza, cioè sono il frutto non di una spontaneità creatrice dell’intelletto, ma della sua passività di fronte alla realtà. E poiché per l’uomo la realtà è esterna (le cose naturali) o interna (il suo spirito), le idee possono derivare dall’una o dall’altra e si chiameranno idee di sensazione se derivano dal senso esterno, idee di riflessione se derivano dal senso interno. Sono idee di sensazione il giallo, il caldo, ecc. Sono idee di riflessione la percezione, il pensiero, ecc.

Le idee non ci sono quando non sono pensate, giacchè, per le idee, esistere significa essere pensate. L’esperienza ci fornisce soltanto idee semplici, e nessun intelletto può creare una idea semplice non derivante da essa. Qui è il limite superabile dell’intelletto umano. Ignorare questo limite significa abbandonarsi a sogni chimerici. Le idee innate non esistono.

Nel ricevere le idee semplici lo spirito è passivo: diventa attivo nel servirsi di tali idee e riunirle. Tale attività dello spirito può dar luogo a idee complesse o generali. Le idee complesse si riconducono a tre categorie: modi, sostanze e relazioni. I modi sono le idee non sussistenti di per sé. Le sostanze sono le idee complesse considerate esistenti per sé. La relazione è il confronto di un’idea con un’altra (ad es. quelle fondamentali di causa ed effetto, identità e diversità).

L’analisi di Locke è importante per ciò che concerne l’idea complessa di sostanza. Considerando che varie idee semplici sono unite fra loro, la nostra mente è portata inavvertitamente a considerarle come un’unica idea semplice, e poiché non si arriva a immaginare come un’idea semplice possa sussistere di per sé, si abitua a supporre un qualche substratum che ne sia la base. Tuttavia, il presunto substratum è una x sconosciuta.

Secondo Locke, le idee generali non indicano nessuna realtà ma sono solo segni delle cose particolari, fra le quali è possibile riconoscere una certa somiglianza. Formatasi l’idea generale di uomo, mediante l’osservazione delle somiglianze che sussistono tra gli uomini, il nostro intelletto attribuisce alla specie uomo tutti gli individui somiglianti. La specie uomo è quindi soltanto un segno, cioè una parola adoperata nei discorsi in luogo di gruppo di cose particolari.


Il tema della conoscenza in Locke


Per Locke, la conoscenza si articola in conoscenza intuitiva, dimostrativa e delle cose esistenti fuori di noi. La conoscenza è intuitiva quando l’accordo tra due idee è visto immediatamente; così si percepisce che il bianco non è nero. La conoscenza è dimostrativa quando l’accordo o tra due idee non è percepito immediatamente ma è reso evidente con l’uso di idee intermedie, le prove.

A proposito della conoscenza delle cose esistenti fuori di noi, distinguiamo tre ordini di realtà: l’io, Dio e le cose. Noi abbiamo la conoscenza dell’esistenza del nostro io attraverso l’intuizione, dell’esistenza di Dio attraverso la dimostrazione, dell’esistenza delle cose attraverso la sensazione. Sull’esistenza dell’io, Locke si avvale del procedimento cartesiano. Sull’esistenza di Dio, Locke rielabora la prova causale della tradizione: se qualcosa c’è, vuol dire che è stata prodotta da un’altra cosa, e non potendosi risalire all’infinito, si deve ammettere un essere eterno.
Quanto all’esistenza delle cose, l’uomo la conosce tramite la sensazione attuale. Nel momento in cui noi riceviamo una sensazione dall’esterno, siamo certi che esiste la cosa che la produce in noi; e questa certezza basta a garantire la realtà delle cosa esterna. Non è ammissibile che le nostre facoltà ci ingannino a tal punto.

Quando però l’oggetto non è più testimoniato dai sensi, la certezza della sua esistenza sparisce. E’ ragionevole supporre che le cose e gli uomini continuino ad esistere anche quando io non ne ho la percezione attuale, ma ciò costituisce probabilità, non conoscenza certa. Perciò, Locke, accanto al dominio della conoscenza certa, ammette il dominio della conoscenza probabile: insieme costituiscono il dominio della ragione, da cui si distingue la fede, fondata solo sulla rivoluzione.


Il pensiero politico-religioso di Locke


Nel dominio del pensiero politico e religioso, Locke ha lasciato contributi importanti. Nel secondo dei Due trattati, Locke osserva che lo stato di natura è governato dalle legge di natura, e la ragione, la quale è questa legge, insegna a tutti gli uomini che essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l’altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà.

Lo stato di natura non è perciò necessariamente uno stato di guerra, ma può diventarlo quando una o più persone ricorrono alla forza. Se la libertà naturale consiste per l’uomo nell’essere limitato solo dalla legge di natura, la libertà dell’uomo nella società sta nel non sottostare ad altro potere legislativo. Locke sostiene infatti che l’uomo non può con un contratto rendersi schiavo di un altro.

Lo Stato, dice Locke, è una società di uomini costituita per conservare i beni civili, la vita, la libertà, ecc. Questo compito stabilisce i limiti della sua sovranità, e la salvezza dell’anima è al di fuori di questi limiti. Essa dipende dalla fede e la fede non può essere indotta negli uomini con la forza.

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