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Meditazione dell'uomo dell'avvenire



L’uomo dell’avvenire non fa attenzione al presente. È distratto, discontinuo, molteplice. Essi non sono nulla, non conservano le memorie del passato, le vivono distrattamente le cose. Seneca ci ricorda che grazie alla memoria il reale è sempre a nostra disposizione. Ma anche in tale contesto gli stoici han sviluppato esercizi sulla praemeditatio malorum. Gli epicurei si opponevano a tale esercizio contrapponendogli 2 tipi di esercizio: l’AVOCATIO = distogliere i pensieri dalle sventure volgendoci ai piaceri; la REVOCATIO = rievocare i piaceri per difenderci dai mali. Anche qui si tratta di dotarci di qualcosa che ci consenta di difenderci e non esser colti di sorpresa dagli eventi. La praemeditatio malorum è anzitutto una prova del peggio. Potrebbero capitarci i mali più frequenti, ma anche quel che può capitare di peggio. Quindi esercitiamoci a considerare che si verificheranno tutti i mali possibili, e che si verificheranno senz’altro, senza margini di incertezza. Essi poi accadranno immediatamente. Questa pratica in realtà non fa parte del pensiero relativo all’avvenire, ma si tratta di otturare l’avvenire annullandone le dimensioni specifiche. Si presentifica tutto il possibile, si fornisce a se stessi tutto l’avvenire per poterlo simulare come presente. E così si annulla. Si vuole rendere l’avvenire il meno reale possibile. Si invita a scoprire che l’evento in realtà è senza importanza e senza durata. Il dolore è lieve se sopportabile, breve se non lo è. La premeditatio malorum è dunque una forma di paraskeuè, preparazione, realizzata attraverso la prova della non realtà di ciò che viene analizzato nell’esercizio del pensiero.

Tratto da ERMENEUTICA DEL SOGGETTO di Dario Gemini
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