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Studio antropologico: la lingua che crea il mondo


La lingua contribuisce a creare la realtà: il mondo che crediamo essere reale sarebbe invece una costruzione fondata sulle nostre usanze linguistiche. A lingua diversa, quindi, corrisponde non una diversa percezione del mondo, ma un vero e proprio mondo diverso. Sarebbero quindi le categorie linguistiche a determinare effettivamente le rappresentazioni percettive e concettuali. Un antropologo, comunque, non deve limitarsi allo studio delle regole grammaticali o degli aspetti formali di una lingua, ma pensare ad essa come a un atto sociale, una performance, e studiare ciò che le persone effettivamente fanno con la lingua. Duranti propone un approccio che definisce etnopragmatica, secondo il quale occorre pensare al linguaggio come azione sociale, in quanto le parole che pronunciamo acquistano una loro forza grazie all’interazione quotidiana tra gli individui che le pronunciano.
Ogni società prevede un modo giusto di conversare, e comunque diversi modi di conversare in base al contesto: conversare ad alta voce, non avviare due conversazioni parallele allo stesso tavolo, prendere la questione alla larga e non andare subito al dunque, attitudine all’esagerazione e all’iperbole. Questo perché una lingua non è fatta solo da parole, ma anche da gesti, comportamenti, estetismi.
Essere parlanti di una lingua significa anche appartenere a una comunità linguistica, che spesso è unita in un’unica lingua solo per costruzione, pur essendo presenti al suo interno numerosi dialetti  e lingue che, a volte, portano a forme di rivendicazione di autonomia. La lingua, quindi, può diventare un profondo marcatore di identità, come accadeva tra i Greci che chiamavano barbari chi non parlava il greco: la lingua è una buona base su cui fondare il proprio etnocentrismo. Per lungo tempo si è pensato che l’umanità fosse divisa in razze biologicamente connotate e che a determinate caratteristiche biologiche corrispondessero altrettante determinate attitudini culturali. Ora non c’è più questa idea di razza: non è la genetica a influenzare la cultura, ma sono gli elementi culturali a influenzare la genetica.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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