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Studio antropologico: parlare, per essere umani


La comunicazione, verbale e non, è alla base della società umana, è indispensabile alla loro creazione, è funzionale al loro mantenimento, ne determina i cambiamenti e ne segna profondamente l’identità.
L’antropologo parla, conversa, scambia opinioni con gli intervistati, in una lingua che può essere la lingua coloniale oppure nella lingua del luogo: quest’ultimo è uno degli ostacoli più ardui da superare, ma uno degli strumenti più importanti per comprendere come la società organizza il suo pensiero. La parola è il fondamento della società umana, poiché è attraverso la lingua che definiamo il mondo che ci circonda, lo classifichiamo, lo descriviamo, affermiamo la nostra identità. Le lingue stanno alla base dei popoli: non per nulla ce ne sono più di 6.000 in 200 nazioni, con un evidente plurilinguismo; molte vengono definite dialetti, perché non sono lingue nazionali, ma si tratta solo di una questione politica e non linguistica.
Il vocabolario che utilizziamo è l’inventario degli elementi che la cultura ha categorizzato per dare senso al mondo in cui vive. Sono la parola, il linguaggio a trasformare gli uomini in veri esseri umani: una lingua non è solo un insieme di suoni, ma è soprattutto un sistema organizzato di simboli, che esprimono pensieri e sentimenti del gruppo che la parla. L’inventario linguistico del pianeta è vario e disuniforme: il 4% della popolazione parla il 60% delle lingue del mondo, ammassate nelle regioni tropicali (con il tasso di biodiversità maggiore), contrapposte alle regioni caratterizzate da una bassa intensità di variazioni di stock linguistici.
Ci sono però degli elementi generali che si possono applicare a tutte le lingue, vive o morte, scritte o non scritte:
gli organi utilizzati per produrre suoni sono gli stessi per tutti i popoli della Terra: laringe, naso, lingua, palato, denti e labbra;
le lingue non sono solo espressioni fonetiche, in quanto organizzano le potenzialità sonore in un numero determinato di unità codificate chiamate fonemi: la lingua non è un suono articolato, ma il prodotto di una selezione di unità sonore che trasformano il linguaggio da semplice suono in una composizione simbolica, realizzata con materiali limitati, come nella composizione musicale. È dunque la relazione tra fonemi a produrre significato in una lingua: attraverso il modo in cui quelle persone hanno organizzato la loro lingua, è possibile dedurre quali siano i principi e le categorie sulla base dei quali leggono la realtà che li circonda e quella più lontana;
la lingua è un sistema simbolico che rinvia a un’esperienza diretta, che può essere continuamente arricchita e a volte dare vita a proiezioni che vanno al di là della pura esperienza vissuta.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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