Skip to content

MASTER E LAVORO


Costruisci il tuo futuro

 
 
 

MASTER E LAVORO


Costruisci il tuo futuro

Anche la Cassazione condanna il plagio delle tesi

Sentenza

22 maggio 2011

di Miriam Carraretto

In Italia se n'è cominciato a parlare un annetto fa con il caso Prizneri, la ricercatrice di origine albanese che aveva denunciato il prof. Domenico Corradini, sesantottenne oggi pensionato, ex titolare della cattedra di Filosofia del Diritto all'Università di Pisa, per aver copiato la sua tesi di dottorato spacciandola per un proprio (e autentico) lavoro di ricerca. Poi, in Europa, è esploso il caso Guttenberg, il ministro della Difesa tedesco, reo confesso di aver plagiato la sua tesi di specializzazione, conseguita all'Università di Bayreuth, dopo le pubbliche accuse di un docente di Diritto all'Università di Brema, secondo cui innumerevoli passaggi della ricerca del ministro costituivano "un plagio sfrontato". Qualche mese fa, è stata la volta della Facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Torino, dove la commissione è stata costretta a rinviare le sessioni di laurea per via di sospetti assai fondati sulle tesi plagiate.

Ora, anche la Cassazione è arrivata a pronunciarsi sulla questione del copia-incolla, lanciando l'allarme su un fenomeno ormai dilagante, troppo “facile” per non essere sfruttato, e confermando la condanna per plagio nei confronti di una studentessa di Medicina dell'Università di Cagliari: la “dottora”, laureatasi nel 2002/2003, ha scopiazzato alla grande una tesi di specializzazione in Ortopedia discussa nello stesso ateneo alcuni anni prima. Titolo e indice compresi. Lei si è difesa sostenendo di aver svolto un lavoro compilativo e dunque inevitabilmente colmo di riferimenti ad altre ricerche, peccato che si sia dimenticata (e qui sta il plagio) di citare le fonti da cui aveva tratto ispirazione. Nessuna pena, comunque, per la ragazza, alla quale per via di un cavillo non hanno potuto revocare il titolo.

La Cassazione ha tuttavia voluto evidenziare che "la redazione di una tesi di laurea contenente la mera trasposizione grafica di altri elaborati di diverso autore con alcune correzioni e l'aggiunta di minimi elementi di novità, senza alcun frutto di personale elaborazione o, comunque, di valutazione critica della fonte utilizzata, configura il reato punito dalla legge 475 del 1925".

Già, una legge del 1925, avete letto bene... Ancora in vigore, a tutela della proprietà intellettuale di ciascuno di noi. Internet è un pozzo di sapere, per tutti, e la condivisione, senza filtri e senza censure, è l'espressione più alta della democrazia digitale, che ci ha cambiati e che vogliamo continuare a tenerci ben stretti.

Il vero nodo della questione, infatti, è un altro: appropriarsi del lavoro altrui, senza riconoscerlo al legittimo “proprietario”, è senz'altro scorretto da un punto di vista etico. Ma c'è di più: col plagio diffuso, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti, si smette giocoforza di fare ricerca vera. Quella che cambia le nostre piccole abitudini magari, quella che ci salva la vita, magari.

Parlare di plagio e della sua gravità non è semplice, perché non è così immediato cogliere cosa sta dietro alla copiatura senza scivolare in un moralismo sterile che non fa altro che produrre l'esatto contrario. Qui si ha a che fare con il conseguimento di un titolo, che ha valore legale, e questo vuole anche dire che se non è stato conseguito in maniera corretta, possono saltare d'un tratto poltrone e carriere. Con una probabile cancrenizzazione del sistema, che manda avanti tutti senza più distinguere sulla base del merito.

Solo di recente alcuni atenei italiani si sono dotati internamente di sistemi anti-plagio per pizzicare chi copia. Ma sia chiaro: l'intento non è certo quello punitivo-poliziesco, che nulla risolverebbe, bensì quello responsabilizzante, che mira a diffondere l'idea tra gli studenti che “se non è farina del mio sacco prima o poi qualcuno se ne accorgerà”. Non tanto tra i banchi, quanto dopo, al lavoro, magari di fronte a una relazione da consegnare che “non so neanche come si scrive”.

In questo senso si sta muovendo anche Tesionline, il noto sito che archivia e divulga tesi di tutti i livelli con l'obiettivo di condividere il sapere contenuto in esse e valorizzare il lavoro degli studenti dandogli una chance in più per trovare il lavoro che fa per loro, proprio a partire dalla pubblicazione on line e gratuita della propria tesi.

Tesionline è il primo in Italia ad usare Compilatio, un software in grado di evidenziare in pochi secondi eventuali parti di un testo copiate da Internet. Se manca la citazione della fonte, lo studente viene avvisato e gli viene chiesto di fare le dovute integrazioni. Per chi invece la tesi la sta ancora facendo, i due fondatori di Tesionline Christophe Sanchez e Marco Boria si sono inventati Tesilink, uno strumento che con un solo click riordina automaticamente e con grande precisione i riferimenti bibliografici presi dalla rete. “L'idea”, spiega Sanchez, “è passare ai laureandi il concetto che si può anche aver copiato senza saperlo o senza volerlo. Con questo strumento noi diamo la possibilità di riordinare i materiali e verificare di aver fatto tutto per bene, tant'è che rilasciamo un documento che attesta l'originalità della tesi”.

Alcune regole d'oro per proteggersi da una possibile accusa di plagio? Indicare sempre nella bibliografia la fonte di ogni documento consultato, mettere tra virgolette le citazioni, inserire delle note a piè pagina in cui si specifica da dove arriva l’informazione e magari si inserisce qualche elemento di approfondimento. E sforzarsi di formulare un pensiero critico da soli. Citare correttamente è lecito e caldamente consigliato, perché l’abbondanza di citazioni è indice di un’adeguata conoscenza della letteratura sull’argomento e, quindi, di competenza. L’importante è che chi legge sia messo in grado di capire chiaramente quali parti della tesi sono state scritte da altri e dove le abbiamo trovate.