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Le opere filosofiche di Apuleio


Certamente sue sono tre: il De mundo, il De Platone et eius dogmate e il De deo Socratis. Il primo è conforme agli interessi neoplatonici per le forze che regolano l’universo e al conciliamento dell’indagine naturalistica con quella metafisico – teologica ed è un rifacimento latino dell’opera pseudo aristotelica  Perì kosmou. Il De Platone et eius dogmate è una sintesi della fisica e dell’etica plutoniana. Il De deo Socratis è la più importante trattazione sistematica sui demoni che ci sia mia giunta. Divisa in tre parti la prima esamina separatamente il mondo umano e quello demoniaco, la seconda la posizione di intermediari che svolgono i demoni nel compimento della Provvidenza nel mondo umano, la terza è dedicata al demone di Socrate, la sua voce interiore che, quasi fosse un ordine divino, lo costringeva all’incessante ricerca della verità.

I Florida

Sono una raccolta di ventitré brani oratori sui temi più disparati ed estrapolati dal testo delle conferenze pubbliche che Apuleio tenne in Africa dopo il suo ritorno a Cartagine. Non si conosce il compilatore ma il suo intento è chiaro: selezionare i brani di più insistita bravura retorica per assecondare i gusti del tempo.

L’Apològia

L’unico testo di un orazione giudiziaria di età imperiale. In essa Apuleio si difende dalle accuse rivolte dai parenti della moglie Pudentilla. Il testo che possediamo non sembra la fedele ricopiatura dell’orazione: troppo lunga per un processo, mancante di un taglio realmente processuale (manca ad esempio la discussione delle prove), piena di digressioni superflue in un dibattito (come quello sulla pasta dentifricia). Probabilmente l’opera è un rifacimento in chiave letteraria della vera orazione giudiziaria con lo scopo di presentare Apuleio come un importante e riverito filosofo platonico. Le accuse a carico di Apuleio erano la circonvenzione per lucro e la pratica della magia. Egli demolisce entrambe le accuse, la prima con la lettura del testamento della donna che lasciava ogni suo bene al figlio Pudente e la seconda interpretando la magia come arte filosofica. Apuleio è un abile avvocato e un abile oratore, spesso accostato a Cicerone, anche se il colore della esposizione è troppo miscellaneo rispetto ad un oratore di epoca repubblicana. Anche i suoi toni toccano spesso le corde dell’ironia sottile ridicolizzando l’accusa con slanci e citazioni letterarie e dottrinarie che gli accusatori non comprendono.  

L'accusa di magia

Ma l’accusa di magia è forse quella che più affascina il lettore antico e moderno. Apuleio non smentisce mai apertamente le sue doti di mago preferendo fare una sottile distinzione tra magia  bianca e magia nera; la prima identificata con la scienza e la seconda con la negromanzia. Egli sostiene di praticare la prima, che consente di dominare la natura e gli elementi, egli è uno scienziato non uno stregone. In definitiva non dispiace al ragazzo il titolo di mago e l’alone di mistero che lo circonda.  Partiva già svantaggiato provenendo dalla Getulia, famosa terra di maghi, e spesso dice il falso (in buona fede?) sulle pratiche magiche: ad esempio nega che i pesci utilizzati in un rituale siano magia nera dicendo che gli animali marini non rientrano all’interno di essa (e non è vero). Le sue stesse conoscenze lo avvicinano più ai pitagorici (che sulla magia nera la sapevano lunga) che ai platonici; è indubbio che Apuleio possedesse conoscenze di magia nera. Ancora oggi il suo nome è legato a quella del mago.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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