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I Poteri della Corona e del Parlamento nel pensiero politico inglese del XVII secolo

La presente tesi si propone di realizzare un'analisi relativa alle vicende costituzionali che hanno caratterizzato il secolo XVII in Inghilterra mutandone profondamente il quadro politico-istituzionale. Sullo sfondo di questi avvenimenti ( in particolar modo la guerra civile scoppiata nel 1642 in seguito ai contrasti istituzionali sorti tra il Re Carlo I e la Camera dei Comuni in ordine alla supremazia delle rispettive prerogative, e la conseguente rivoluzione che sfociò nella proclamazione della Repubblica cromwelliana) viene posta particolare attenzione al dibattito dottrinario occorso in questo periodo tra gli esponenti di due scuole di pensiero opposte: quella relativa al diritto divino dei re, che affermava il primato assoluto ed illimitato della Corona nell'ordinameento dello Stato, e quella costituzionalistica, i cui esponenti ( in particoilare Coke, Lilburne, Milton, Harrington, Locke, tutti ampiamente citati nel presente lavoro ) sostenevano il ruolo della legge quale limite invalicabile all'attività dei pubblici poteri, riconoscendo di conseguenza la centralità del parlamento, quale rappresentante del popolo sovrano e titolare del potere legislativo.

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1 CORONA E PARLAMENTO NEL SECOLO DEI TUDOR. IL CONFLITTO ISTITUZIONALE DURANTE IL REGNO DI GIACOMO I STUART. L’EVOLUZIONE DELLE PREROGATIVE PARLAMENTARI NEL XV SECOLO Con riferimento all’esperienza politica inglese, possiamo dire che il termine “Parlamento” appare, per la prima volta, nel 1248; specificamente, con detto termine si intendeva identificare, non solo in Inghilterra ma in tutti gli Stati feudali, “ le grandi assemblee di Stato che venivano convocate (…) per informare i sudditi di provvedimenti che il monarca intendeva assumere per risolvere i problemi del regno”. 1 Per ciò che attiene alla struttura parlamentare inglese, occorre dire che allora essa presentava un sistema monocamerale caratterizzato da due branche; una ecclesiastica, nella quale si rinvenivano i vescovi e gli abati con il grado di barone, ed una laica che comprendeva i baroni diretti della Corona. Si trattava quindi di un consesso elitario, scarsamente rappresentativo, nel quale non trovavano ancora posto i rappresentanti locali ed i proprietari minori. Questa situazione muterà presto; a causa delle spese sempre maggiori che la Corona si troverà costretta ad affrontare, anche le suddette classi conseguiranno il diritto di partecipare all’Assemblea. 2 Si 1 Cfr. M.D’Addio, Storia delle dottrine politiche, vol.I, Genova, 1992, pag. 549. 2 Occorre al riguardo sottolineare che il Parlamento non nasce, storicamente, come organo legislativo qual è percepito oggi essendo allora tale prerogativa dominio riservato del monarca; il Parlamento si afferma, in origine, come freno al potere regio per quanto concerne le spese, il bilancio e, soprattutto, i tributi. Ciò in base al principio generale, affermatosi poi per via consuetudinaria, in base al quale non potevano imporsi oneri finanziari senza il consenso di coloro i quali erano chiamati a farsene carico. Nel 1297, nello Statuto “ de tallagio non concedendo “ presentato al monarca, si specificava che “ ogni contribuzione poteva imporsi solo dietro assenso comune di arcivescovi, vescovi ed altri prelati, conti, sovrani, uomini d’arme, borghesi ed altri uomini liberi del regno nostro “.

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Informazioni tesi

  Autore: Gianluca Tosco
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Luigi Gambino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 187

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