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Brunetto Latini - ''Tresor'' - Volgarizzamento di Bono Giamboni - Adattamento salentino

Il presente lavoro, che consta di tre volumi ed è dedicato a un inedito testimone salentino del Tesoro di Brunetto Latini, si inserisce in un duplice filone di ricerca: uno avviato da tempo e inerente l’analisi di testi meridionali tre-quattrocenteschi, arricchitasi negli ultimi anni di nuovi, importanti contributi; l’altro incentrato sullo studio della tradizione manoscritta del capolavoro brunettiano, oggetto di un recente dibattito che mette in discussione gran parte delle acquisizioni precedenti. Il primo ambito di ricerca è esaminato nella parte introduttiva del primo volume, che volge uno sguardo al contesto linguistico-culturale in cui si colloca il manoscritto in esame, con un riferimento ai testi pugliesi coevi finora editi. All’ampia controversia suscitata dalle ipotesi di ricostruzione stemmatica dei codici del Tresor è invece dedicato il primo capitolo, in cui è delineata un’aggiornata panoramica sullo stato attuale delle ricerche filologiche relative sia ai testimoni francesi sia a quelli risalenti al volgarizzamento giamboniano. Nel secondo capitolo sono analizzati, sulla scorta delle più recenti collazioni, i loci critici che permettono di appurare l’appartenenza del manoscritto in esame alla prima redazione francese, e di avanzare un’ipotesi di affinità tra il volgarizzamento salentino e uno o più codici del Tesoro. Nell’ottica di un costante confronto con la più recente edizione francese sono state inoltre esaminate alcune delle varianti repertoriate integralmente in appendice. Il terzo capitolo è dedicato all’analisi linguistica del codice, condotta con l’ausilio del programma GATTO (acronimo di Gestione degli Archivi Testuali del Tesoro delle Origini), in uso presso l’Accademia della Crusca e finalizzato alla gestione e interrogazione del corpus di manoscritti che è alla base del Vocabolario Storico della Lingua Italiana in corso di realizzazione. La trascrizione del testo, preceduta dalla descrizione del codice e dall’illustrazione dei criteri editoriali utilizzati, è infine riprodotta nel secondo volume. Nel corso del lavoro, il manoscritto è costantemente citato con la sua segnatura (It. 440) e non con la sigla N adottata da Carla Mascheroni nel suo repertorio, al fine di evitare fraintendimenti con un codice francese che presenta la stessa sigla.
L’esame del codice salentino, nella duplice ottica di un inquadramento nell’ambito della tradizione manoscritta del Tresor e del volgarizzamento giamboniano, e di un’indagine sulla provenienza delle diverse notazioni linguistiche rinvenute nel testo, ha permesso di raggiungere o confermare alcuni punti fermi: attraverso l’analisi dei loci critici in cui la varia lectio discerne nettamente i testimoni finora collazionati nella bipartizione stemmatica, è stata appurata l’appartenenza del nostro testo alla prima redazione e la superiorità di quest’ultima rispetto ai restanti codici, stabilita da Beltrami; si è inoltre verificata la sua provenienza da un antigrafo francese, diretto o indiretto, ed è stata avanzata un’ipotesi di probabile affinità con un manoscritto fiorentino del Tesoro e con il volgarizzamento di Raimondo da Bergamo, sulla base di alcune concordanze in errore quali coniusire 111r 17, a(r)gum(en)ti 112r 24, li tre frati 6r 9; data la recenziorità dei codici, tale affinità è stata collegata alla congettura avanzata da alcuni studiosi e relativa alla possibilità di nuovi controlli effettuati sul testo francese ad un certo punto della tradizione del Tesoro. Nel quadro di un costante confronto con la più recente edizione francese, l’esame delle varianti più significative ha evidenziato la peculiare sinteticità che isola il nostro testo rispetto ai rimanenti testimoni del volgarizzamento giamboniano, e ha consentito di classificare e interpretare, anche sulla scorta delle più recenti collazioni, alcune lezioni erronee rinvenute nel nostro testo. Dall’analisi linguistica del ms. It. 440 sono emerse molteplici connotazioni di varia provenienza, distinguendo le caratteristiche genericamente panitaliane da quelle provenienti da una vasta zona del Mezzogiorno e da quelle tipiche delle aree estreme; verificata la frequenza di queste ultime, si è appurata quindi la salentinità del codice, anche attraverso un riferimento ad altri testi coevi. Nel corso dell’analisi sono state inoltre segnalati alcuni tratti grafici e linguistici di cui non si rinvengono ulteriori testimonianze. Alla luce di tali considerazioni, si può meglio valutare il contributo che il ms. It. 440 offre sia per lo studio dei testimoni del Tresor e del volgarizzamento giamboniano, sia per l’analisi dei testi salentini Tre-Quattrocenteschi.

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1. La tradizione manoscritta del Tresor a. Stato degli studi La natura enciclopedica del Tresor di Brunetto Latini, il suo carattere di testo in prosa stilisticamente non marcato e dalla consistente estensione, l’impianto composito tipico di una compilazione altomedievale, basato sulla giustapposizione di fonti autorevoli e ampiamente divulgate nella cultura letteraria del XIII secolo, si prestavano, oltre che a una rapida diffusione dell’opera, a una costante espansione e ‘mobilità’ della materia che ha generato, sin nei codici più antichi, un’enorme varietà di lezioni e interpolazioni 1 . Tale varietà, che ha finora impedito persino un’esatta ricostruzione dell’originale struttura del Tresor, rappresenta una “sfida continua al principio che l’‘ipotesi di lavoro’ dell’edizione critica deve concretizzarsi in un testo che esprima una coerente razionalizzazione dei dati raccolti da un esame esaustivo della tradizione” 2 . Il piano dell’opera è esposto dall’autore nel capitolo esordiale del trattato enciclopedico, che risulta suddiviso in tre libri. Dopo una preventiva distinzione della filosofia in teorica e pratica, derivata dal commento greco di Estrazio all’Etica di Aristotele, il primo libro, che consta di 200 capitoli, svolge le materie comprese nella teorica, a sua volta suddivisa in teologia, fisica e matematica. Alla prima sono dedicati i capp. 6-98, in cui è esposta la cosmologia teologizzante (creazione del mondo, 1 Sulla natura enciclopedica del Tresor e sull’ordine ‘giustappositivo’ delle fonti attinte, che ben si adattava ad ogni genere di integrazione, cfr. A. Marigo, Lo “Speculum” ed il “Tresors”: cultura letteraria e preumanistica nelle maggiori enciclopedie del Dugento, in “Giornale storico della letteratura italiana”, LXVIII, 1916, pp. 1-42, 289-326; uno studio ormai datato ma imprescindibile per l’analisi delle fonti del Tresor e della sua tradizione manoscritta è Th. Sundby, Della vita e delle opere di Brunetto Latini, per cura di R. Renier, con app. di I. Del Lungo e A. Mussafia e due testi medievali latini, Firenze, Le Monnier, 1884. 2 P. G. Beltrami, Per il testo del Tresor: appunti sull’edizione di F. J. Carmody, in “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, Classe di Lettere e Filosofia, s. III, XVIII, 1988, pp. 961-1009, cit. p. 961; l’enorme varietà di lezioni ha indotto alcuni studiosi a riconoscere nel Tresor “un modello di enciclopedia ‘generativa’ o progettuale, aperta alla trasformazione dello scibile in atto nel pieno Duecento, rispetto alle forme ‘statiche’ dello stesso genere” e “un espandersi della materia in argomento in base all’effettivo contenuto di blocchi di capitoli, poi sussunti alle superiori finalità epistemologiche dei singoli libri” (M. Ciccuto, Tresor di Brunetto Latini, in Letteratura italiana. Le opere (vol. I: Dalle origini al 500), diretta da A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 1992, pp. 45-59, cit. p. 48).

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Annalisa Lucchi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2001-02
  Università: Università degli Studi di Lecce
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lettere moderne
  Relatore: Rosa Anna Greco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 936

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Parole chiave

brunetto
filologia
francese
latini
manoscritto
tresor

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